INTRODUZIONE
Chi
non è medico ha molta difficoltà a orientarsi nel vasto campo
della patologia umana, sia per il numero e la varietà delle malattie, sia
per la terminologia in uso per definirle. La divulgazione di questa materia
attraverso i sistemi di informazione (giornali, radio, televisione) ha reso
familiari al pubblico i nomi e i problemi che si riferiscono alle malattie
più diffuse o che provocano una più elevata mortalità.
Tuttavia questa divulgazione è disordinata e mira più all'effetto
emotivo o al sensazionale che alla precisione. Ne deriva perciò una
dannosa confusione di concetti e di
valutazioni.
Scopo principale di questa sezione,
che ha per titolo Le grandi malattie, è invece quello di offrire una
informazione sistematica, organica, concisa, in cui il rigore scientifico
è contemperato con la necessità di farsi comprendere anche da
coloro che sono digiuni di medicina. Avendo sempre di mira l'intendimento
pratico e lo scrupolo di non indurre il malato o chi lo assiste a sostituirsi al
medico, l'esposizione delle malattie è centrata soprattutto su quei
sintomi che sono facilmente riconoscibili dal profano.
ANEMIE
Sono malattie caratterizzate da
una diminuzione del numero o delle dimensioni o del contenuto di emoglobina dei
globuli rossi. Ne consegue una diminuita capacità del sangue di
trasportare l'ossigeno, che provoca una sindrome (insieme di sintomi) che
accompagnano le anemie: pallore della pelle e delle mucose: disturbi nervosi
come cefalee (mali di testa), vertigini, ronzii agli orecchi, grande
spossatezza; dispnea (difficoltà di respirazione) e tachicardia (aumento
del battito cardiaco); disturbi digestivi come inappetenza, vomito, stitichezza
o diarrea; amenorrea (mancanza di mestruazione) nella donna e impotenza
nell'uomo.
Dal punto di vista eziologico, si
distinguono vari tipi di anemie: per emorragia acuta o cronica; per distruzione
eccessiva, acuta o cronica, di globuli rossi (anemie emolitiche); per carenza di
vitamine (specialmente del gruppo B) o di proteine; per disturbi nella
formazione dei globuli rossi a causa di malattie infettive, di malattie croniche
(come l'uremia), endocrine (come il mixedema), della milza, di intossicazioni,
di compromissioni strutturali del midollo osseo; per disturbi congeniti nella
formazione dei globuli rossi (ittero emolitico congenito, anemia
mediterranea).
Ecco alcune forme principali di
anemie.
ANEMIA CRONICA SEMPLICE
È provocata da malattie
infettive o infiammatorie, oppure da affezioni croniche diverse. I sintomi sono
quelli generali dell'anemia, spesso mascherati dalle manifestazioni della
malattia causale: infezioni subacute e croniche come tubercolosi, endocardite
lenta, sifilide congenita; reumatismo articolare acuto; poliartrite cronica
evolutiva; insufficienza renale cronica (uremia); leucemie, linfogranuloma
maligno; insufficienza epatica, malattie endocrine come mixedema e malattia di
Addison; avitaminosi. Raramente l'anemia cronica semplice è grave e la
sua terapia dipende da quella della malattia causale.
ANEMIE EMOLITICHE
L'anemia emolitica si verifica
quando la vita media dei globuli rossi è inferiore a un centinaio di
giorni, e si manifesta quando essa è inferiore a due settimane circa.
Qualunque sia la causa dell'emolisi (distruzione dei globuli rossi) si osserva
un certo numero di sintomi comuni: nell'emolisi acuta, malessere, brividi,
febbre, cefalea, dolori addominali, artralgie (dolori alle articolazioni),
ittero (colorazione gialla più o meno intensa della pelle e delle
mucose), tachicardia, vertigini; nell'emolisi cronica, ittero talvolta appena
percettibile o assente, splenomegalia (ingrossamento della milza) ed
epatomegalia (ingrossamento del fegato).
La
malattia può essere causata da fattori estrinseci (esterni) oppure da
fattori intrinseci (interni). Tra i fattori estrinseci vi sono malattie
infettive come polmonite da virus, setticemia da streptococco, malaria,
intossicazione da sostanze chimiche assorbite in dosi elevate da soggetti
normali o in deboli dosi (anche farmaci) da soggetti ipersensibili; anche veleni
di serpenti provocano emolisi. La prognosi dipende dall'eziologia: eccetto che
nelle forme dove l'agente causale persiste, le guarigioni spontanee sono
frequenti.
Tra i fattori intrinseci che provocano
l'anemia emolitica primeggia un fenomeno di auto-immunizzazione per cui i
globuli rossi vanno incontro a distruzione. Dal punto di vista clinico, si
notano: ora affezioni della milza (anemia splenica), ora una splenomegalia priva
di ogni altro sintomo morboso, ora una sindrome emolitica secondaria a una
polmonite da virus.
Tra le forme acute, tipica
è l'anemia emolitica di Lederer-Brill (o ittero emolitico acquisito) che
colpisce soprattutto i bambini e gli adolescenti esordendo bruscamente con
febbre elevata, sindrome emolitica, talvolta emorragie come epistassi (sangue
dal naso), ematuria (sangue nelle urine, emorragie intestinali, ecc). La
guarigione può avvenire spontaneamente, ma una abbondante trasfusione
sanguigna è in grado di accelerarla. (Per le anemie emolitiche vedi anche
Anemia mediterranea, Eritroblastosi fetale, Ittero emolitico
congenito).
ANEMIA FERROPRIVA
Detta anche anemia ipocromica
essenziale, anemia ipocromica microcitica, clorosi, è caratterizzata da
globuli rossi piccoli e pallidi per carenza di ferro. La sintomatologia è
costituita da un insieme di disturbi: debolezza generale, facile
affaticabilità, inappetenza, bruciori di stomaco e spesso dolori
nevralgici, formicolii alle mani e ai piedi, palpitazioni, unghie piatte o
concave e fragili.
La carenza di ferro che porta
all'anemia è provocata dall'aumentato fabbisogno di questo elemento nella
donna (mestruazioni e gravidanza); nel bambino tenuto esclusivamente ad
alimentazione lattea artificiale oltre il quarto-quinto mese; durante e dopo una
malattia infettiva; a causa di una emorragia palese od occulta (menorragia,
metrorragia, ulcera gastro-duodenale, colite ulcerosa, emorroidi ecc.). In altri
casi si tratta di cattivo assorbimento del ferro contenuto negli alimenti.
L'anemia ferropriva, attualmente rara nella forma clinica di clorosi (un tempo
tipica delle giovanette) è invece molto frequente, soprattutto nelle
donne tra la pubertà e la menopausa. La si può prevenire con la
somministrazione di ferro alla donna in caso di mestruazioni abbondanti e
durante la gravidanza, nei bambini allattati artificialmente e nei convalescenti
di una malattia infettiva. La prognosi è eccellente: con una cura di
ferro, che è il farmaco specifico, l'anemia guarisce, a condizione che si
possa eliminare anche Ì eventuale perdita di sangue che l'ha
provocata.
ANEMIA MEDITERRANEA
Detta anche anemia di Cooley,
morbo di Cooley, talassemia, è una malattia emolitica ereditaria
caratterizzata da splenomegalia, epatomegalia, crisi febbrili, decalcificazioni
ossee o ispessimento poroso delle ossa della volta cranica, aspetto mongolide e
crescita ritardata. Questa forma di anemia, che si manifesta negli individui
omozigoti recessivi (gene patologico recessivo presente nel padre e nella madre,
vedi Malattie ereditarie), non reagisce ad alcuna terapia ed ha esito letale in
media verso i 12 anni. Invece negli individui eterozigoti recessivi si osservano
forme di anemia lieve, a evoluzione benigna. L'anemia mediterranea è
diffusa soprattutto nel bacino del Mediterraneo orientale e centrale. Il gene
patologico che la determina è presente nel 2-lO% della popolazione
italiana.
ANEMIA PERNICIOSA
Detta anche anemia di
Biermer-Addilon, è una malattia idiopatica (spontanea) cronica
caratterizzata sia dalla presenza di globuli rossi di grandi dimensioni, sia da
un loro arresto di maturazione. La sintomatologia è costituita da
sindrome anemica, inappetenza, vomito, diarrea, dolori addominali, infiammazione
della lingua, formicolii alle gambe. La malattia, che si manifesta soprattutto
dai 40 ai 70 anni, è provocata probabilmente dall'assenza di un enzima
(il «fattore intrinseco» di Castle) necessario per l'assorbimento
della vitamina B 12 contenuta in alcuni alimenti come latte, uova, carne. Non
curata, l'anemia perniciosa ha esito letale in alcuni mesi o in qualche
anno.
Nella maggior parte dei casi, la terapia
(vitamina B 12 come farmaco di elezione) porta alla guarigione, ma deve essere
proseguita indefinitamente per evitare ricadute, appunto perché si tratta
di una malattia idiopatica cronica.
ERITROBLASTOSI FETALE
Detta anche anemia emolitica
del neonato. Si tratta di una sindrome emolitica congenita la cui eziologia
è in relazione con la trasmissione del fattore sanguigno Rh. Quando la
madre è«Rh-negativa», il padre «Rh-positivo » e il
feto «Rh-positivo», piccole quantità di sangue fetale che
giungono a quello materno per via transplacentare, o più spesso durante
il parto, provocano una sensibilizzazione materna: i globuli rossi del feto
inducono la formazione, nel siero sanguigno della madre, di anticorpi anti-Rh
che, se entrano nel sangue del feto, provocano
l'emolisi.
Generalmente, alla prima gravidanza il
neonato è sano (appunto perché la sensibilizzazione materna
è conseguenza del parto) a meno che la madre non sia stata sensibilizzata
da una trasfusione di sangue Rh-positivo praticata in precedenza. La
eritroblastosi fetale avviene solo nella seconda gravidanza e si aggrava nelle
successive, sempre quando la madre è Rh-negativa e il feto
Rh-positivo.
La malattia si manifesta in due forme
principali: idrope congenito che si osserva nei prematuri cioè edema
generalizzato e idramnios (eccesso di amniotico), epatomegalia e splenomegalia,
per cui il bambino nasce morto o muore poco dopo la nascita; ittero grave con
liquido amniotico giallo e ittero che si manifesta poco dopo la nascita, per cui
il bambino ha possibilità di sopravvivenza che dipendono dal grado
dell'anemia. Un decimo dei bambini con ittero prolungato presenta lesioni
cerebrali permanenti (spasmofilia, ritardo mentale, ecc.), gli altri sono
normali.
La sola terapia utile è la
trasfusione sanguigna al feto (di età inferiore a sette mesi e mezzo) e
la exanguino-trasfusione (sostituzione totale del sangue) al neonato. Per
evitare una sensibilizzazione che, una volta instaurata, diventa stabile, la
profilassi della eritroblastosi fetale consiste sia nell'evitare che le donne
Rh-negative ricevano, fin dall'infanzia, trasfusione di sangue Rh-positivo, sia
nel praticare loro, subito dopo ogni parto, una vaccinazione con anticorpi
anti-Rh (immuno-profilassi passiva).
ITTERO EMOLITICO CONGENITO
È una malattia a carattere
dominante (vedi Malattie ereditarie) caratterizzata dalla presenza di globuli
rossi sferici, anormalmente fragili, e da anemia emolitica. I sintomi sono:
crisi di ittero lieve, di sindrome anemica e di emolisi con febbre, dolori
addominali e palpitazioni; splenomegalia quasi costante; frequenti le ulcere
alle gambe e le lesioni ossee. L'ittero emolitico congenito si manifesta il
più delle volte fra i 5 e i 10 anni, ha una evoluzione cronica, provoca
disturbi della crescita e permette la sopravvivenza; ma la prognosi è
meno favorevole se la malattia comincia precocemente nell'infanzia. Nel corso di
una crisi emolitica può sopraggiungere la morte. La splenoctomia
(asportazione della milza) è la sola terapia efficace.
ANEURISMA DELL'AORTA
È una dilatazione dell'aorta
che forma una sacca connessa con la parete aortica da un colletto più
stretto. Se l'aneurisma è situato nell'aorta toracica provoca dolori,
tosse, dispnea, disfagia (difficoltà di inghiottire), singhiozzo. Se
invece è localizzato nell'aorta addominale, i dolori si irradiano dai
lombi o dall'addome. Alla palpazione, l'aneurisma aortico può risultare
come una tumefazione pulsante. Ma poiché la sintomatologia clinica
è molto varia, soltanto l'esame radiologico permette di porre la
diagnosi.
L'aneurisma dell'aorta, più
frequente nell'uomo tra i 35 e i 55 anni, generalmente è una
complicazione tardiva della sifilide e compare 15-20 anni dopo l'infezione. Gli
aneurismi della parte inferiore dell'aorta addominale sono provocati invece
dall'arteriosclerosi. L'aneurisma aortico consente la sopravvivenza da qualche
mese a una decina d'anni, talvolta di più. È guaribile con terapia
antiluetica e chirurgica. La rottura dell'aneurisma è rara e il decesso
avviene il più delle volte per embolia, infarto del miocardio o malattia
intercorrente.
ANGINA DI PETTO
È una sindrome molto tipica
che esprime una diminuzione momentanea, parziale o totale, di afflusso sanguigno
alle arterie coronarie e quindi di ossigenazione del miocardio. Si manifesta
come «crisi anginosa» con un dolore costrittivo, localizzato dietro lo
sterno, che si irradia alla spalla sinistra e può propagarsi lungo il
braccio e la mano accompagnandosi con sudorazione, nausea, senso di angoscia. La
crisi, che può manifestarsi occasionalmente o con frequenza, dura da
qualche secondo a qualche minuto. Se si prolunga oltre la mezz'ora, si
può sospettare un infarto del miocardio.
Per
ciò che riguarda l'eziologia (cioè le cause), la più
frequente (9 casi su 10) è la sclerosi delle coronarie. Altre cause sono
l'aortite, l'insufficienza aortica luetica, la stenosi aortica, la tachicardia
parossistica, l'anemia grave, gli stati ansiosi. Fattori scatenanti della crisi
anginosa sono lo sforzo muscolare, il freddo, i pasti abbondanti, l'abuso di
tabacco, le emozioni, l'ipertensione e l'ipotensione arteriosa, l'ulcera
gastro-duodenale, le malattie delle vie
biliari.
L'angina di petto si osserva soprattutto
negli uomini dopo i 40 anni, raramente nelle donne. Può regredire anche
in modo spontaneo, senza causa apparente. Altrimenti il malato è in grado
di sopravvivere parecchi anni. La prognosi è sfavorevole quando le crisi
anginose sono molto frequenti e quando si scatenano anche a riposo; in tale
caso, la morte sopravviene improvvisa in media 45 anni dopo le prime crisi. Il
dolore provocato dall'angina di petto può essere soppresso non per mezzo
di comuni analgesici, ma speciali farmaci.
AORTITE
È un processo infiammatorio
dell'aorta di cui la causa più frequente è la sifilide
cardio-vascolare che attacca soprattutto la tunica media dell'aorta e provoca
indebolimento della tunica muscolare, spesso con formazione di aneurisma.
L'aortite sifilitica è localizzata più frequentemente nella parte
ascendente dell'aorta e quindi può estendersi alle valvole aortiche.
Quando è priva di complicazioni, non presenta sintomi e nella maggior
parte dei casi la diagnosi clinica è possibile. Le complicazioni possono
essere: restringimenti degli orifici delle coronarie (a causa di cicatrici
fibrose) che provocano una diminuzione di afflusso sanguigno al miocardio e
quindi angina di petto; insufficienza aortica; aneurisma dell'aorta. L'aortite
luetica si manifesta in genere tra i 40 e i 50 anni, a oltre un decennio di
distanza dall'infezione.
ARTERIOSCLEROSI
Consiste in indurimento,
ispessimento e perdita di elasticità delle arterie. Il termine
aterosclerosi viene usato generalmente per indicare la sclerosi della tunica
intima delle arterie, con deposito di sostanze grasse. Infarto del miocardio,
angina di petto, accidenti vascolari cerebrali, arteriosclerosi renale,
occlusione arteriosa delle gambe, aneurismi: ecco le conseguenze più
gravi della malattia.
Caratteristica è la
distribuzione segmentaria e locale dell'arteriosclerosi: alcune arterie (come le
coronarie o quelle cerebrali) possono essere gravemente lese mentre il resto del
sistema arterioso resta relativamente indenne. L'eziologia dell'arteriosclerosi
è incerta. Comunque la sua frequenza si può correlare con un
aumento del colesterolo nel sangue (ipercolesterinemia), sia a causa di una
alimentazione molto ricca di grassi animali, sia in seguito ad alcune malattie
come diabete, nefrosi, mixedema.
L'arteriosclerosi
è nettamente più frequente nell'uomo che nella donna, negli
individui soggetti a ipertensione arteriosa e in quelli appartenenti a famiglie
dove l'aumento di colesterolo nel sangue e l'arteriosclerosi precoci sono molto
diffusi. Non esiste una terapia specifica per l'arteriosclerosi. Si può
tentare di prevenirla riducendo al minimo l'uso dei grassi animali
nell'alimentazione o curando le malattie che provocano ipercolesterinemia. Tra
le forme principali di arteriosclerosi vi sono l'aortica, la cerebrale e la
coronarica.
Le tre fasi successive (A, B, C) della crescita della placca ateromatica all'interno di un'arteria.
ARTERIOSCLEROSI AORTICA
È spesso asintomatica (priva
di sintomi) e può venire scoperta durante l'esame radiologico. Le sue
principali complicazioni sono l'aneurisma aortico (più frequente
nell'aorta addominale) e la trombosi aortica.
ARTERIOSCLEROSI CEREBRALE
Può iniziare ed
evolversi, inizialmente, in modo asintomatico, oppure manifestarsi con sintomi
mentali come restringimento del campo di attività intellettuale, perdita
della memoria dei fatti recenti, labilità affettiva, esagerazione dei
tratti del carattere. Spesso si osservano sintomi neurologici come cefalee
persistenti, vertigini, ronzii agli orecchi, crisi convulsive. L'arteriosclerosi
è la causa più frequente di trombosi e di emorragie cerebrali.
L'arteriosclerosi cerebrale è più frequente nell'uomo che nella
donna: si manifesta generalmente verso i 60 anni, ma anche prima, soprattutto se
l'individuo è iperteso o arteriosclerotico precoce.
ARTERIOSCLEROSI CORONARICA
Detta anche sclerosi delle
coronarie, può rimanere, anche se in fase avanzata, del tutto
asintomatica; oppure rivelarsi attraverso l'angina di petto, l'infarto del
miocardio, l'insufficienza
cardiaca.
L'arteriosclerosi coronarica è la
causa più frequente di mortalità per cardiopatie. Colpisce
soprattutto gli uomini fra i 50 e i 60 anni mentre nella donna è
più frequente fra i 60 e i 70 anni, ma la mortalità è
minore che nell'uomo.
ASMA CARDIACA
È un accesso di dispnea
parossistica (grave difficoltà respiratoria) che insorge per lo
più di notte nei malati con insufficienza funzionale del ventricolo
sinistro del cuore. L'accesso ha inizio brusco, talora senza precedenti o cause
apprezzabili; spesso è scatenato da sovraffaticamento muscolare, pasti
troppo abbondanti, incubi, ecc. Il malato è svegliato all'improvviso da
una intensa dispnea che lo costringe a sedersi, in preda a un senso angoscioso
di soffocamento. Il respiro è frequente e ansante, contrariamente a
quello che si osserva nell'asma bronchiale in cui l'inspirazione è
incompleta, l'espirazione difficile e convulsa.
CARDIOPATIE CONGENITE
Sono anomalie del cuore o dei
grossi vasi sanguigni che hanno origine nel corso della vita embrionale, tra la
quinta e l'ottava settimana di gravidanza. Le principali, in ordine di frequenza
sono: comunicazione interatriale, comunicazione interventricolare, dotto
arterioso, stenosi polmonare, anomalie delle valvole semilunari aortiche. Le
cardiopatie congenite, che si osservano in 3 neonati su 1000, possono essere
ereditarie; oppure acquisite nel primo trimestre di gravidanza: per esempio, la
rosolia contratta dalla gestante provoca una percentuale elevata di queste
anomalie. Alcune cardiopatie congenite sono incompatibili con la vita, altre si
manifestano con sintomi più o meno gravi come affaticabilità,
dispnea da sforzo, ritardo della crescita; altre ancora rimangono asintomatiche
per anni.
EDEMA POLMONARE
È una sindrome, abitualmente
parossistica, dovuta al travaso negli alveoli polmonari di siero che trasuda dai
capillari dei polmoni. La crisi che generalmente sopraggiunge nelle prime ore
della notte, è costituita da una sensazione di soffocamento e di
oppressione che costringe il malato a sedersi sul letto, in preda ad angoscia.
È cianotico, mani e piedi sono freddi e ricoperti di sudore, molto tipica la
tosse ad accessi con espettorato abbondante, schiumoso, roseo. Nella forme
subacute, la prognosi immediata dell'edema polmonare curato precocemente non
è sfavorevole; ma le recidive sono frequenti e la prognosi a lunga
scadenza è riservata. Invece le forme acutissime hanno esito letale nel
giro di qualche minuto o di qualche ora.
L'edema
polmonare può avere cause cardiache, in particolare tutte le malattie
(come ipertensione arteriosa grave, vizi valvolari, infarto del miocardio,
pericardite grave) che colpiscono il ventricolo sinistro, cause infiammatorie,
come complicazioni di una malattia infettiva (soprattutto polmonite, tubercolosi
polmonare); cause tossiche, cioè da alcuni prodotti utilizzati
nell'industria (ammoniaca, vapori di acidi forti o di cadmio) o di cui si
è fatto abuso (barbiturici, morfina, alcool).
EMBOLIE
L'embolia è l'occlusione
brusca di un vaso sanguigno (più spesso un'arteria) o linfatico da parte
di un embolo, cioè di un corpo estraneo (coagulo di sangue, accumulo di
germi, frammento di tumore, ecc. trasporto a circolazione. Questa occlusione
embolica si verifica con più frequenza dopo i 40 anni e soprattutto dopo
i 60 anni è spesso facilitata dall'arteriosclerosi: quando un tratto di
arteria si ispessisce per accumulo di grasso e altre sostanze, anche un piccolo
embolo può ostruirla del tutto. Tra le forme più gravi di embolia
vi sono la cerebrale e la polmonare.
EMBOLIA CEREBRALE
È l'occlusione brusca di una
arteria del cervello da parte di un embolo, più spesso nell'emisfero
sinistro e precisamente nell'area dell'arteria silviana. I sintomi insorgono
sempre all'improvviso e sono molto simili a quelli dell'apoplessia cerebrale:
perdita subitanea della coscienza, caduta al suolo, talvolta convulsioni. Questo
stato di coma, in genere non profondo, nella maggior parte dei casi è di
breve durata, altrimenti può prolungarsi per qualche ora. Già in
questa fase, ma ancor più con il ritorno della coscienza, si mettono in
evidenza i danni provocati dall'embolia, la quale ha determinato l'ischemia
(insufficiente irrorazione sanguigna) e quindi l'infarto cerebrale, cioè
la necrosi (distruzione) del tessuto cerebrale circostante: ne conseguono il
più delle volte emiplegia (paralisi della metà sinistra o del
corpo), disturbi della parola e altri danni di carattere prevalentemente
neurologico.
Se il malato sopravvive, il che
accade abitualmente in caso di lesione di scarsa entità, spesso questi
danni neurologici regrediscono; ma dopo 6 mesi non si possono attendere
miglioramenti di rilievo. L'embolia cerebrale, che può insorgere a
qualunque età, è la conseguenza di un embolo provocato da una
cardiopatia: nei giovani, si tratta spesso di stenosi mitralica o di endocardite
lenta, negli adulti, di fibrillazione atriale o di infarto del
miocardio.
EMBOLIA POLMONARE
È l'occlusione brusca
dell'arteria polmonare o di un suo ramo da parte di un embolo. Piccole embolie
polmonari sono asintomatiche o provocano solo disturbi leggeri e di breve
durata. Se invece si tratta di embolie polmonari importanti, i sintomi sono
variabilissimi: dispnea con intenso senso di oppressione, angoscia, mani e piedi
freddi ma coperti di sudore, spesso singhiozzo, talvolta dolori dietro lo sterno
simili a quelli dell'angina di petto e dell'infarto del
miocardio.
La morte è rara negli individui
giovani, più frequente dopo i 40 anni. La guarigione può avvenire
senza strascichi, oppure nei giorni successivi può insorgere come
complicazione l'infarto del polmone, cioè la necrosi del tessuto
polmonare circostante all'arteria occlusa dall'embolo e diventato perciò
ischemico. Nei cardiopatici l'embolia polmonare determina spesso la comparsa
dell'insufficienza cardiaca.
Nell'eziologia
dell'embolia polmonare sono in causa: la tromboflebite, spesso quella che
insorge nelle due settimane che seguono una operazione di una certa importanza
(soprattutto addominale o pelvica); le cardiopatie (come stenosi mitralica,
endocardite, infarto del miocardio) in cui l'embolo proviene dalla parte destra
del cuore; malattie come insufficienza cardiaca, cancro, paralisi degli arti,
policitemia (aumento anormale dei globuli rossi).
ENDOCARDITI
Sono processi infiammatori che
si svolgono a carico dell'endocardio, cioè della membrana che riveste
internamente il cuore. Si distinguono fondamentalmente due forme cliniche di
endocardite: la reumatica e la batterica.
ENDOCARDITE BATTERICA
In forma subacuta, prende il
nome di endocardite lenta maligna; in forma acuta, di endocardite acuta
maligna.
L'endocardite lenta maligna è
determinata da germi di bassa virulenza (il più frequente è lo
streptococco «viridans») provenienti da un focolaio infettivo (come
tonsillite, ascesso dentario, infezione cutanea) e che quasi sempre si
impiantano su una valvola cardiaca già alterata (spesso dal reumatismo) o
congenitamente malformata. L'endocardite lenta colpisce, in ordine di frequenza
decrescente, le valvole mitraliche o aortiche, o entrambe, le tricuspidi e le
polmonari. L'inizio della malattia è spesso insidioso: astenia sempre
più pronunciata, crisi febbrili spesso senza brividi, a volte febbre
continua. Tipica è però la sintomatologia cutanea, costituita da
noduli dolorosi rosso-violacei, della grandezza da una testa di spillo a un
pisello, disposti specialmente sui polpastrelli delle dita delle mani o dei
piedi. L'endocardite lenta si osserva più spesso nell'uomo che nella
donna, soprattutto nell'adolescente e nel
giovane.
Malgrado la terapia antibiotica, è
una malattia molto grave,: il 20 dei malati muore 1-2 anni dopo l'inizio della
malattia.
L'endocardite acuta maligna è
generalmente associata a una setticemia (invasione massiccia di germi patogeni
nella corrente sanguigna) oppure sopraggiunge nel corso di una infezione o di
una suppurazione dell'endocardio. Le valvole più colpite sono la mitrale
e l'aortica. Contrariamente all'endocardite lenta, l'endocardite acuta maligna
può instaurarsi in un cuore indenne da ogni lesione o malformazione
precedente. Il germe più frequente è lo stafilococco emolitico. I
sintomi differiscono da quelli dell'endocardite lenta solo per la loro
intensità e la rapidità della loro evoluzione. La prognosi
è la medesima.
ENDOCARDITE REUMATICA
Chiamata anche endocardite
benigna o verrucosa, è una complicazione del reumatismo articolare acuto
il quale può provocare la formazione di verruche (piccole protuberanze)
sui lembi valvolari.
Le valvole più
frequentemente colpite sono la mitrale (90% dei casi) e dell'aorta, non di rado
entrambe. Questa infiammazione reumatica può coinvolgere anche il
miocardio e il pericardio determinando una pancardite. La sintomatologia del
periodo acuto (il quale sopraggiunge generalmente durante una crisi di
reumatismo articolare acuto che può essere atipica e spesso ignorata) si
manifesta solo con vaghi dolori alle estremità, febbre, pallore,
inappetenza. L'endocardite reumatica può risolversi senza conseguenze,
oppure causare vizi valvolari. Se si instaura una pancardite, i sintomi possono
diventare più evidenti sotto forma di oppressione e dolore dietro lo
sterno, palpitazioni, sudorazioni. La quasi totalità delle cardiopatie
infantili e giovanili sono di origine reumatica (reumatismo
cardiaco).
INFARTO DEL MIOCARDIO
È la necrosi di una parte del
miocardio per insufficiente irrorazione sanguigna causata, nella maggior parte
dei casi, dall'occlusione di una arteria coronaria. Il sintomo principale
è costituito dal dolore che insorge abitualmente a riposo (ma può
anche prodursi dopo uno sforzo) e tutte le caratteristiche, pure per ciò
che riguarda la sua irradiazione, di un dolore anginoso prolungato (vedi Angina
di petto). La sua intensità e la sua durata sono variabili: dal semplice
malessere al dolore parossistico, continuo o intermittente; da un quarto d'ora a
varie ore e talvolta alcuni giorni.
Un sintomo
obiettivo è la febbre: la temperatura sale generalmente a 38-38,5 C, per
poi ridiscendere in una decina di giorni.
La causa
più frequente dell'infarto miocardico è una trombosi che si
sviluppa più o meno rapidamente in una arteria coronaria ristretta a
causa di aterosclerosi (sclerosi coronarica) e che quindi ne determina
l'occlusione. Fattori predisponenti sono tutte le professioni sedentarie e che
esigono una continua tensione nervosa, gli abusi di tabacco, il «terreno
ereditario» (vedi Malattie ereditarie). Tra i fattori scatenanti si
annoverano: sforzo fisico non abituale, forte emozione, tachicardia
parossistica.
Le embolie cerebrali, polmonari,
renali e degli arti sono le complicazioni più frequenti dell'infarto
miocardico. Vi sono poi le tachicardie. Particolarmente temibile la tachicardia
ventricolare e l'insufficienza cardiaca.
Come riconoscere l’infarto e come intervenire
Sintomatologia e primo intervento in caso di infarto
INSUFFICIENZA CARDIACA
Detta anche scompenso cardiaco,
è una sindrome che si osserva quando il miocardio non può
più assicurare una gittata cardiaca (cioè un pompaggio del sangue)
sufficiente per i normali bisogni dell'organismo. Ne conseguono disordini
più o meno gravi della circolazione sanguigna. Nella sua eziologia si
distinguono cause cardiache e cause extracardiache. Cause cardiache: lesioni
degenerative del miocardio, vizi valvolari, ipertensione arteriosa, miocardite
reumatica o difterica, affezioni del pericardio, sifilide cardio-vascolare,
alcune cardiopatie congenite. Cause extracardiache: ipertiroidismo, anemie
gravi, cirrosi epatica, malattia ossea di Paget. Tra le cause scatenanti
l'insufficienza cardiaca si annoverano: gli sforzi muscolari, la tachicardia, la
gravidanza, il periodo mestruale, e l'alimentazione eccessiva, l'infarto
polmonare e il calore estivo.
Le complicazioni
più temibili dell'insufficienza cardiaca sono la trombosi venosa (molto
frequente, soprattutto nei cardiopatici costretti a letto) e le infezioni
polmonari (relativamente frequenti polmoniti e broncopolmoniti la cui prognosi
è sempre grave). L'insufficienza cardiaca di origine extracardiaca ha una
prognosi spesso favorevole se può essere curata la malattia causale; lo
stesso si può dire per le insufficienze provocate da cardiopatie
operabili (stenosi mitralica, dotto arterioso, stenosi polmonare, ecc.). Una
prognosi molto riservata ha invece l'insufficienza cardiaca che si sviluppa dopo
un infarto del miocardio. Quella secondaria a una insufficienza aortica luetica
ha di solito una prognosi più grave di quella causata da una
insufficienza aortica reumatica. L'insufficienza cardiaca degli ipertesi ha
qualche volta una evoluzione favorevole inaspettata. L'insufficienza cardiaca
può essere destra, sinistra o totale.
INSUFFICIENZA CARDIACA DESTRA
Nella sua forma acuta è
detta anche cuore polmonare acuto, e la causa più frequente è
l'embolia polmonare. Si manifesta soprattutto con uno stato di shock: il malato
è in preda a una improvvisa dispnea con senso di oppressione e talvolta
accusa dolori dietro lo sterno simili a quelli dell'angina di petto e
dell'infarto miocardico.
Nella sua forma cronica
è caratterizzata essenzialmente da una congestione venosa generalizzata
che si manifesta con epatomegalia ed edemi periferici. Altri sintomi sono:
dolori di fegato (all'inizio) il quale poi si ingrossa e diventa dolente alla
palpazione, edemi di importanza variabile, inappetenza, diarrea, nausea,
astenia, insonnia, dispnea più o meno intensa.
INSUFFICIENZA CARDIACA SINISTRA
Nella sua forma acuta, è
caratterizzata essenzialmente da crisi di dispnea parossistica (vedi Asma
cardiaco) e la sua manifestazione più drammatica è l'edema acuto
del polmone. La prognosi immediata non è sfavorevole, se si provvede
subito a una terapia. Tuttavia le ricadute sono frequenti e la prognosi
immediata dipende dalla gravità della malattia causale. In genere, la
sopravvivenza non supera qualche anno. Le crisi acute diventano meno gravi
quando si instaura anche l'insufficienza cardiaca destra: il malato appare
nettamente sollevato, benché le sue condizioni cliniche siano aggravate.
Nella forma cronica, l'insufficienza cardiaca sinistra presenta i seguenti
sintomi: astenia e stanchezza, dispnea dopo uno sforzo, tosse, cianosi lieve,
talvolta emottisi (espettorazione di sangue) come segno di infarto
polmonare.
IPERTENSIONE ARTERIOSA
È una malattia caratterizzata
da una elevata pressione arteriosa dovuta all'aumento di resistenza al passaggio
del sangue nelle arteriole. L'ipertensione arteriosa può rimanere
asintomatica per anni.
Sintomi classici sono il
ronzio agli orecchi e i disturbi circolatori alle estremità. Alcuni
malati accusano debolezza, nervosismo, dispnea da sforzo: palpitazioni; le
cefalee occipitali e le epistassi (emorragie nasali) sono frequenti. Si parla di
ipertensione quando la pressione arteriosa supera, in media, i 140/90 mm Hg
negli individui giovani, i 150/90 mm Hg in quelli più anziani. Nei casi
gravi l'ipertensione arteriosa può arrivare a 300/170 mm
Hg.
L'ipertensione arteriosa (temporanea o
permanente) può essere di origine renale (per nefropatie acquisite o
congenite), di origine endocrina, oppure associata a varie condizioni
patologiche come insufficienza cardiaca, stenosi istmica, bradicardia
(rallentamento del battito cardiaco), insufficienza aortica, malattie e traumi
cerebrali.
Ma la forma più frequente e
permanente (tre quarti dei casi) è l'ipertensione arteriosa essenziale.
Non se ne conoscono le cause, tuttavia la sua origine è legata ad alcuni
fattori come l'ereditarietà, l'eccitabilità nervosa e
l'emotività in individui che conducono una vita molto attiva,
l'obesità, la menopausa, l'arteriosclerosi. L'ipertensione arteriosa
essenziale può mantenersi variabile, talvolta anche per anni, e in questo
caso è benigna. Oppure restare più o meno fissa o aumentare, e in
questo è maligna: evolve in individui relativamente giovani, con segni di
lesioni renali (nefrosclerosi maligne) e ha esito letale in un tempo più
o meno breve.
L'ipertensione arteriosa può
provocare varie complicazioni. Anzitutto cardiache: il 45% degli ipertesi muore
di insufficienza cardiaca, il 20% di infarto del miocardio. Poi vi sono le
complicazioni oculari che vanno dalla leggera sclerosi (o restringimento delle
arteriole) della retina, all'edema della retina e a piccole emorragie retiniche
con conseguenti disturbi della vista. Complicazioni renali: soprattutto
nefrosclerosi benigna o maligna. Complicazioni cerebrali: cefalee, ronzii agli
orecchi, malattie cerebrali da ipertensione, emorragia cerebrale che è la
causa del 20% dei decessi fra gli
ipertesi.
L'evoluzione dell'ipertensione arteriosa
è molto varia. La sopravvivenza può andare da qualche mese a molti
decenni. La prognosi è generalmente favorevole quando l'ipertensione
è variabile, la funzione renale integra e il fondo dell'occhio poco
alterato. La prognosi è invece severa quando l'ipertensione è
costante o aumenta progressivamente, con minima di oltre 120-130 mm Hg,
accompagnata da compromissione renale, cardiaca o cerebrale e fondo dell'occhio
alterato. Dopo l'introduzione dei farmaci ipotensivi, la mortalità per
insufficienza cardiaca negli ipertesi è diminuita e la sopravvivenza dei
malati di ipertensione maligna è stata
prolungata.
Il sistema arterioso
LEUCEMIE
Sono malattie generalizzate,
acute o croniche, che colpiscono anzitutto gli organi ematopoietici (cioè
che generano le cellule del sangue, come il midollo osseo) e che sono
caratterizzate da una proliferazione eccessiva dei leucociti (globuli bianchi) e
delle loro cellule progenitrici che invadono spesso il sangue periferico. Le
leucemie hanno una eziologia sconosciuta, evolvono come i tumori maligni e di
regola hanno esito mortale a più o meno breve scadenza. In tutti i
decessi per cancro, le leucemie rappresentano il 3,5 %. Le leucemie acute sono
più frequenti prima dei 25 anni; la leucemia mieloide cronica (una volta
e mezzo più frequente nell'uomo che nella donna) tra i 25 e i 45 anni; la
leucemia linfoide cronica (3 volte più frequente nell'uomo che nella
donna) tra i 45 e i 50 anni.
LEUCEMIE ACUTE
Sono un gruppo di leucemie a
decorso rapidamente mortale, caratterizzate dalla presenza nel sangue di globuli
bianchi immaturi e da una sindrome acuta ad andamento infettivo. La malattia
esordisce bruscamente con febbre a 39° C, malessere generale, spesso
accompagnata da una angina (infiammazione della gola) o da una stomatite
(infiammazione della bocca) ulcerosa, oppure da emorragie variamente localizzate
(nasali, gengivali, gastriche, renali, uterine, ecchimosi, ematomi
sottocutanei). Altri sintomi sono pallore, astenia dispnea. Soprattutto nel
bambino si possono manifestare anche dolori ossei pseudo-reumatici o
pseudo-osteomielitici. La frequenza delle leucemie acute è massima nei
primi cinque anni di vita, poi diminuisce con l'età. In media, la morte
sopravviene in meno di tre mesi dall'inizio dei sintomi; nell'infanzia, sono
state osservate remissioni temporanee e sopravvivenze di qualche
anno.
LEUCEMIA LINFOIDE CRONICA
È una iperplasia (formazione
di tessuto patologico) diffusa del tessuto linfatico, la cui evoluzione è
relativamente lenta, caratterizzata all'inizio da ipertrofia (aumento di volume)
dei linfonodi e della milza, poi da eccessivo aumento di globuli bianchi nel
sangue periferico. La malattia comincia insidiosamente, con l'ingrossamento dei
linfonodi, prima localizzato alla nuca, alle ascelle o all'inguine, poi diffuso
sia in superficie sia in profondità, con alterazioni dello stato
generale. I linfonodi assumono dimensioni che variano da quelli di una mandorla
a quelli di un uovo, sono di consistenza elastica, mobili e non dolenti. Nel 30%
dei casi si ha come complicazione una anemia emolitica; anche le infezioni
intercorrenti sono frequenti. L'esito è generalmente letale, in media
dopo anni, di rado dopo un decennio.
LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA
È una proliferazione maligna e
relativamente lenta di globuli bianchi nel midollo osseo, nella milza e in altri
organi, caratterizzata da splenomegalia e aumento eccessivo di globuli bianchi
che nel sangue periferico appaiono anche in forme immature. Queste alterazioni
del sangue risalgono spesso a vari mesi o anni, allorché si manifestano i
primi sintomi, rappresentati da una anemia progressiva o da una sensazione di
pesantezza in corrispondenza della milza. Se l'anemia è cospicua, si
accompagna a pallore, astenia, dispnea, palpitazioni. La splenomegalia - sintomo
importante della leucemia mieloide - è costante ma non provoca dolore. La
febbre è frequente, intorno ai 38°
C.
Le complicazioni sono di vario genere: infezioni
secondarie (soprattutto tubercolosi e influenza) rottura della milza,
osteoporosi, osteosclerosi, trombosi venose, pleurite, porpora ed ematomi
sottocutanei, sindromi encefalitiche e del cervelletto, emorragie della retina,
vertigini e sordità.
L'evoluzione della
leucemia mieloide cronica è sempre progressiva e letale, in media 3 anni
dopo le prime manifestazioni; talvolta si osservano sopravvivenze fino a 5-lO
anni.
LINFAGITE
È una infiammazione acuta o
cronica dei vasi linfatici. Nella forma acuta si possono osservare reazioni
generali molto violente (febbre, brividi) mentre i linfonodi locali sono
aumentati di volume e dolenti. La forma cronica è la conseguenza di
recidive della forma acuta. La linfagite, il cui agente più frequente
è lo streptococco, può sopravvenire spontaneamente oppure per una
causa locale (trauma, ustione, ascesso, foruncolo, ferita infetta, puntura di
insetto) anche settimane e mesi dopo l'episodio causale; pure malattie infettive
gravi (come polmonite, tifoide, malaria) possono diventare causa generale di
linfagite.
LINFOGRANULOMA
Detta anche morbo di Odgkin,
è una malattia cronica mortale che si manifesta con tumefazione
progressiva, ineguale e indolore dei linfonodi spesso anche della milza e del
fegato; in fase avanzata con febbre pressoché costante, anemia e infine
cachessia (perturbamento profondo di tutte le funzioni dell'organismo). Altri
sintomi sono: prurito incostante, generalizzato, penoso, che può
precedere di molti mesi gli altri segni; e quando la tumefazione interessa i
linfonodi profondi, tosse, dispnea, disfagia, dolori addominali. L'evoluzione
della malattia non curata è letale in 2-3 anni, anche se le tumefazioni
dei linfonodi regrediscono.
Con la terapia si
può ottenere, nel 20% dei casi, una sopravvivenza di oltre 5 anni,
talvolta la guarigione definitiva. Il linfogranuloma maligno si osserva in tutte
le età, ma soprattutto tra i 20 e i 40 anni; colpisce più spesso
gli uomini che le donne in proporzione di 7 a 3. Nonostante le intense ricerche
finora compiute, l'origine del linfogranuloma maligno è
sconosciuta.
MIOCARDITE
È una infiammazione acuta o
cronica, ovvero una lesione degenerativa, del miocardio. Generalmente è
causata da malattie infettive e più di frequente dalla difterite.
Può essere anche una complicazione del reumatismo articolare acuto. Quasi
tutte le malattie infettive (da virus, batteri, parassiti) possono essere causa
di miocardite; tuttavia essa è rara nel tifo ed eccezionale nella
tubercolosi.
Anche setticemie da stafilococchi o da
streptococchi possono provocare miocarditi. Esistono pure miocarditi idiopatiche
(spontanee, di origine non infettiva) che si osservano soprattutto nel giovane e
sono probabilmente di origine allergica. Molte miocarditi evidenti si
manifestano con tachicardia, astenia, palpitazioni. Nelle forme gravi vi
è dispnea e cianosi. La prognosi è riservata in caso di miocardite
reumatica o difterica. La miocardite di origine allergica si manifesta con una
insufficienza cardiaca progressiva e diventa letale in pochi mesi. Le altre
forme di miocardite nella maggior parte dei casi guariscono.
PERICARDITE
È l'infiammazione del
pericardio (la membrana che avvolge il cuore) con produzione di essudato sieroso
(versamento pericardico). Talvolta è asintomatica perché
può essere mascherata dalla malattia causale: reumatismo, tubercolosi,
pleurite, polmonite, infarto del miocardio, ecc. I sintomi generali sono: dolore
sotto lo sterno (che talvolta si irradia come quello dell'angina di petto,
talaltra verso l'addome), dispnea precoce e spesso intensa, disfagia e voce
rauca, febbre.
Esistono varie forme di pericardite.
Ecco le più importanti.
PERICARDITE ACUTA BENIGNA
L'inizio è abitualmente
brusco, doloroso, febbrile, spesso preceduto da una infezione delle vie aeree
superiori, qualche volta da manifestazioni allergiche. È frequente la presenza
di un versamento pleurico associato, unilaterale o bilaterale. La malattia
regredisce spontaneamente in una diecina di giorni. La sua eziologia è
sconosciuta.
PERICARDITE ISCHEMICA
Si osserva nel 20% degli
infarti del miocardio. Talvolta dura solo poche ore, al massimo 2-3 giorni. La
sua presenza non modifica la prognosi dell'infarto.
PERICARDITE PURULENTA
Spesso mascherata dalla
malattia causale, in genere è secondaria a una infezione polmonare,
pleurica o mediastinica. Colpisce il lattante e il bambino. La prognosi è
sfavorevole.
PERICARDITE REUMATICA
È una complicazione del
reumatismo articolare acuto, soprattutto negli individui giovani. Generalmente
la prognosi è severa se la pericardite sopravviene nel corso di una
pancardite.
PERICARDITE TUBERCOLARE
Abitualmente è
secondaria a una tubercolosi polmonare, pleurica o mediastinica. In genere la
sua evoluzione è cronica. Il versamento pericardico può
raggiungere proporzioni considerevoli e talvolta è emorragico. La
prognosi è molto riservata.
PORPORA
È una sindrome caratterizzata
dalla comparsa spontanea di macchie cutanee rosse che non scompaiono alla
pressione. I sintomi più evidenti sono costituiti da emorragie cutanee o
delle mucose.
Emorragie cutanee: petecchie
(macchioline rosse), vibici (macchie rosse serpentine), ecchimosi (macchie
più grandi, di colore blu
violetto).
Emorragie delle mucose: petecchie della
bocca, emorragie nasali, viscerali, ematuria, spesso
associate.
Le porpore si distinguono in due
categorie principali: vascolari, cioè legate a compromissione dei vasi
sanguigni; trombopeniche, ossia dovute a una diminuzione delle piastrine nel
sangue. Le porpore vascolari possono essere di origine ereditaria o allergica;
oppure insorgere a causa di malattie infettive o di degenerazione cutanea
(porpora senile). Le porpore trombopeniche possono essere costituzionali oppure
secondarie a malattie che si accompagnano a una infiltrazione del midollo osseo,
a malattie infettive, all'azione di agenti chimici o fisici. Ecco alcune delle
forme principali.
PORPORA ALLERGICA
È spesso associata a fenomeni
allergici (eritema, orticaria, ecc.). Inizia con astenia, temperatura
sub-febbrile, anoressia, disturbi digestivi. Poi appare una porpora cutanea
petecchiale predominante alle gambe (che diventano anche sede di dolori
articolari), vomito, diarrea, dolori addominali violenti, ematuria albuminuria,
insufficienza renale transitoria. La prognosi è benigna: la crisi dura da
1 a 6 settimane, ma le ricadute sono frequenti, soprattutto se il malato
abbandona precocemente il letto. La porpora allergica è scatenata da un
agente batterico (soprattutto streptococco) o alimentare (latte, uova, maiale,
fragole, ecc.) È una malattia che colpisce soprattutto il bambino e il
giovane.
PORPORA INFETTIVA ACUTA
Il più delle volte
è una forma secondaria di malattie esantematiche (come scarlattina,
varicella, morbillo) della tubercolosi, della difterite, della sifilide; oppure
di setticemie da streptococco o da meningococco. La forma più grave
(acutissima) è la cosiddetta porpora fulminante con setticemia
meningecoccica che ha esito letale in 28 ore, ma è piuttosto
rara.
PORPORA TROMBOPENICA COSTITUZIONALE
È una malattia emorragica
dovuta a diminuzione numerica delle piastrine nel sangue periferico. Ha origine,
sembra, nella milza la quale toglie dalla circolazione un numero di piastrine
superiori al normale. La guarigione spontanea è frequente nelle forme
acute, rara in quelle croniche. Una emorragia interna letale è sempre
possibile. La malattia colpisce soprattutto i bambini e i giovani; è
rarissima dopo i 40 anni.
PORPORE TROMBOPENICHE SECONDARIE
Sono malattie emorragiche
caratterizzate da diminuzione numerica delle piastrine e causate da
compromissioni del midollo osseo per infiltrazione (leucemie, metastasi
cancerose midollari) oppure perché il midollo osseo è parzialmente
o totalmente incapace di generare piastrine. In alcuni casi il midollo è
normale, ma le piastrine vengono distrutte per un fenomeno allergico provocato
dall'introduzione di taluni farmaci, o per un meccanismo osseo causato
dall'assorbimento di certe sostanze chimiche. Anche agenti fisici (radiazioni
ionizzanti), veleni animali e malattie infettive sono in causa. La prognosi
è generalmente favorevole; riservatissima, invece, se è presente
anche un'anemia causata da assenza di rigenerazione delle altre cellule
sanguigne (anemia aplastica).
SETTICEMIA
È una sindrome determinata
dall'invasione massiccia, nella circolazione sanguigna, di germi patogeni come
stafilococchi, streptococchi, meningococchi, colibacilli. I sintomi sono
caratterizzati da manifestazioni tossiche: febbre molto variabile con rialzi
termici accompagnati da brividi, stato generale profondamente alterato, presenza
di un focolaio infettivo a volte evidente a volte occulto (e che richiede
accurate ricerche per essere individuato), forte aumento numerico dei globuli
bianchi. La prognosi dipende dall'agente
casuale.
Le setticemie provocate da stafilococchi
resistenti agli antibiotici sono particolarmente gravi e difficili da
curare.
STENOSI
Sono restringimenti patologici
permanenti di valvole cardiache (mirtrale e tricuspide) oppure di vasi
sanguigni, in particolare dell'aorta o dell'arteria polmonare. Le stenosi
aortica, mitralica e tricuspidale fanno parte dei vizi valvolari; la loro causa
più frequente è il reumatismo articolare acuto. La stenosi istmica
riguarda pure l'aorta e spesso è accompagnata da aterosclerosi; la
stenosi polmonare è un restringimento congenito dell'arteria
polmonare.
STENOSI AORTICA
Sintomo e complicazione
frequente è l'angina di petto; possono manifestarsi anche sincopi. In
genere la malattia ha una evoluzione lenta verso una insufficienza cardiaca
irreversibile e spesso letale a breve scadenza.
STENOSI ISTMICA
La più frequente
è quella che colpisce l'adulto (4 volte più l'uomo che la donna) e
consiste in un restringimento localizzato dell'aorta, appena sotto l'arteria
succlavia sinistra. Sintomo principale è l'ipertensione degli arti
inferiori e l'ipotensione di quelli superiori.
STENOSI MITRALICA
È un restringimento patologico
della valvola mitrale il quale ostacola il passaggio del sangue dall'atrio
sinistro verso il ventricolo sinistro del cuore. Sintomatologia: dispnea da
sforzo (sintomo costante) spesso accompagnata da tosse ed emottisi; frequenti
anche l'asma cardiaca, crisi lievi o gravi di edema polmonare acuto,
palpitazioni e dolori dietro lo sterno, grande debolezza e
affaticabilità. In una fase ulteriore si può manifestare
l'insufficienza cardiaca destra. Ma talvolta questa è il primo sintomo
della malattia, e la congestione polmonare non provoca alcun disturbo. Si ha un
miglioramento della dispnea che però è accompagnato abitualmente
da edemi prima di lieve entità, poi in aumento con epatomegalia e
disturbi digestivi.
La stenosi mitralica può
avere: complicazioni cardiache, se il processo infiammatorio reumatico si
estende; complicazioni emboliche (il più delle volte a carico del
polmone), infezioni acute dei bronchi e dei polmoni, edema polmonare acuto,
arterite polmonare. La prognosi dipende in larga misura dal grado della stenosi:
nelle forme lievi, il malato può condurre una vita quasi normale e
raggiungere l'età avanzata. Ma le complicazioni rendono sempre incerta la
prognosi. I tre quarti dei casi di stenosi mitralica si osservano in donne di
età inferiore ai 45 anni; in esse, l'edema polmonare acuto sopraggiunge
spesso durante il periodo premestruale o mestruale. In molti casi la gravidanza
aggrava la malattia.
STENOSI POLMONARE
È un restringimento congenito
dell'arteria polmonare. I sintomi sono in rapporto con il grado della stenosi:
se questa è leggera, può essere asintomatica; in genere, solo
quando la stenosi si complica con insufficienza cardiaca si manifestano cianosi,
dispnea ed epatomegalia. Se non è associata con un'altra malformazione
congenita, cioè una comunicazione interatriale o interventricolare
(stenosi polmonare con shunt, che ha esito letale prima dell'età adulta)
la stenosi polmonare è difficilmente differenziabile dalla dilatazione
spontanea dell'arteria polmonare. Complicazioni abbastanza frequenti sono
l'endocardite lenta e la tubercolosi polmonare. In forma lieve, permette una
sopravvivenza prolungata. In genere il decesso avviene per insufficienza
cardiaca destra o per anossia (insufficienza di ossigeno)
cerebrale.
TACHICARDIA
La tachicardia, e precisamente
quella detta parossistica è l'accelerazione parossistica della frequenza
delle contrazioni cardiache, che inizia e termina bruscamente. Si distinguono
forme sopraventricolari e forme ventricolari.
TACHICARDIA SOPRAVENTRICOLARE
È caratterizzata da
contrazioni cardiache accelerate e a ritmo assolutamente regolare che
raggiungono la frequenza di circa 160 al minuto e di rado oltrepassano i 200,
mentre nei bambini si riscontrano frequenze di 250-300. L'attacco dura pochi
minuti o più spesso alcune ore, di rado qualche giorno.
L'intensità dei sintomi funzionali dipende dalla sensibilità
individuale, dalle condizioni dell'apparato cardiocircolatorio, dalla frequenza
del ritmo parossistico e dalla durata dell'attacco. Vi sono individui che non si
accorgono della tachicardia, altri che l'avvertono ma sono in grado di
continuare le loro occupazioni, altri che sono costretti a
letto.
L'inizio della crisi è avvertito come
uno scatto o un colpo, seguito da palpitazioni regolari che si attenuano a mano
a mano che la crisi si prolunga.
La tachicardia
può essere accompagnata da nausea, torpore, vertigini, lipotimia (perdita
parziale della coscienza), dolori cardiaci, i quali, se sono lese le coronarie,
possono essere anginosi.
La tachicardia
sopraventricolare ha cause sconosciute. Si osserva in assenza di qualsiasi
lesione cardio-vascolare o anche sovrapposta alle più varie cardiopatie,
e in particolare ai vizi mitralici di origine reumatica o nell'ipertiroidismo.
La prognosi immediata è favorevole. Anche la prognosi a distanza è
favorevole, se non esistono lesioni cardiovascolari, perché gli attacchi
tendono a sparire con l'età.
TACHICARDIA VENTRICOLARE
È caratterizzata da
contrazioni cardiache accelerate e a ritmo apparentemente regolare che
raggiungono la frequenza di 140-200 al minuto. A differenza dalla tachicardia
sopraventricolare, l'inizio e la fine dell'attacco non vengono nettamente
percepiti dal malato. La crisi provoca spesso un malessere molto forte con grave
caduta della pressione arteriosa e di conseguenza vertigini, lipotimia, sincope
cardiaca (con perdita improvvisa e totale della coscienza). Di regola, la
tachicardia ventricolare si osserva in un cuore gravemente leso da un infarto o
in stato di grave insufficienza.
La prognosi
è spesso riservata. La morte può avvenire durante una crisi
perché sopraggiunge la fibrillazione ventricolare (azione incoordinata
dei ventricoli che ostacola la circolazione sanguigna e provoca l'arresto del
cuore). Se il soccorso è rapido, a volte la fibrillazione ventricolare
può essere arrestata, riportando i ventricoli al loro funzionamento
normale, per mezzo di farmaci e in particolare di un apposito apparecchio
elettrico detto defibrillatore cardiaco .
Il ciclo cardiaco
TROMBOFLEBITE
È una trombosi venosa, che
interessa il più delle volte gli arti inferiori, associata con una
flebite (infiammazione di una vena). L'una è causata dall'altra, o
viceversa. Nel periodo iniziale, i sintomi generali sono malessere,
accelerazione progressiva del polso, modica febbre; i sintomi locali, dolore
spontaneo (dal semplice formicolio al crampo del polpaccio o del tallone) oppure
provocato dalla flessione sul polpaccio, sul tallone, sulla pianta del piede.
Infine il dolore si localizza (può essere continuo o parossistico) nella
zona colpita che presenta anche un edema duro alla
palpazione.
Fra le varie cause della tromboflebite
si annoverano: stasi della circolazione venosa alle gambe per insufficienza
cardiaca o per riposo assoluto a letto (malattie gravi, complicazione del
puerperio o chirurgiche, paralisi) o per compressioni (gravidanza, aneurisma,
tumore); malattie molto debilitanti; malattie delle vene (varici); traumi
(fratture, lussazioni, sforzi muscolari violenti); malattie del sangue
(policitemia, anemie gravi, leucemia); malattie infettive (febbre
tifoide).
La guarigione è progressiva in un
tempo variabile: il dolore scompare per primo e l'edema si riassorbe in media in
46 settimane. Le complicazioni più gravi sono l'embolia e l'infarto del
polmone: spesso sono precoci e talvolta insorgono prima che siano evidenti i
sintomi della flebite. L'embolia polmonare complica il 5-6% delle tromboflebiti
provocando il 2-6,5% dei decessi e il 5-6% dei decessi post-operatori. Gli
interventi chirurgici che comportano il rischio maggiore di tromboflebiti con
embolia polmonare sono quelli addominali e dell'apparato genito-urinario.
TROMBOSI
È l'occlusione di un vaso
sanguigno - già gradualmente alterato per infiammazione, arteriosclerosi,
ecc. - da parte di un trombo, cioè di un corpo estraneo (più
spesso coagulo di sangue, oppure accumulo di germi, frammento di tumore ecc.).
Il quadro clinico della trombosi è diverso da quello dell'embolia: nella
prima, la malattia si instaura progressivamente; nella seconda, insorge
all'improvviso. Tra le forme più gravi di trombosi vi sono la cerebrale e
la coronaria.
TROMBOSI CEREBRALE
È l'occlusione di un'arteria
cerebrale, già gradualmente alterata (l'arteriosclerosi è la causa
più frequente) da parte di un trombo. La trombosi (come l'embolia)
provoca la formazione di un infarto nell'area cerebrale circostante. I sintomi
fanno parte del quadro clinico dell'ictus, cioè sono simili a quelli
dell'embolia cerebrale, ma meno bruschi e a volte nettamente progressivi con
segni premonitori (cefalea, vertigini, difetti di memoria, irritabilità,
formicolii, diminuzione di forza dal lato del corpo che sarà poi
paralizzato) e le paralisi si producono lentamente e variano da un giorno
all'altro. Il coma può mancare e il malato assistere senza perdita di
coscienza allo stabilirsi dell'emiplegia (paralisi del lato destro o sinistro
del corpo).
La prognosi è migliore che
nell'embolia e nell'emorragia cerebrali, benché le paralisi persistano
abbastanza spesso. La trombosi cerebrale (80% degli ictus) colpisce più
spesso gli individui che hanno superato i 50 anni.
TROMBOSI CORONARICA
È l'occlusione di una arteria
coronarica, già alterata gradualmente da lesioni ateromatose (sclerosi
coronaria). La trombosi coronaria si produce nel seguente modo: su una placca
ateromatosa si forma una trombosi; poi nella placca ateromatosa avviene una
emorragia capillare con formazione di un ematoma (raccolta di sangue) che
ostruisce la arteria già ristretta. La trombosi coronarica è la
causa più frequente dell'infarto del miocardio. Le trombosi lente
favoriscono lo sviluppo di una circolazione sanguigna collaterale e non si
accompagnano sempre a infarto.
ULCERA VARICOSA
È una ulcerazione della gamba,
causata generalmente da una insufficienza venosa cronica, secondaria a una
tromboflebite o a varici. La stazione eretta prolungata, abituale di alcune
professioni, può essere la causa di un'ulcera alla gamba anche in assenza
di lesioni venose. L'ulcera varicosa ha forma ovale, di profondità
variabile; se piccola, spesso è molto dolorosa; se è grande e
diventa infetta, può essere del tutto indolore. Sovente ha sede nella
parte inferiore della gamba, sulla faccia interna, in vicinanza del malleolo. La
prognosi è generalmente favorevole. L'ulcera varicosa colpisce
soprattutto la donna dopo i 30-40 anni.
VARICI
Sono dilatazioni irregolari
delle vene, precisamente della safena interna e delle altre vene superficiali
della gamba.
I loro sintomi sono costituiti da
sensazione di fatica e di pesantezza alla gamba, edemi, rigonfiamenti varicosi
superficiali in corrispondenza dei quali si osservano anche alterazioni cutanee.
Le varici possono essere causate principalmente da malformazione congenita del
sistema valvolare venoso; da stazione eretta prolungata, abituale di alcune
professioni; da gravidanza, a causa della compressione esercitata dall'utero sui
tronchi venosi del bacino. Complicazioni delle varici sono l'ulcera varicosa, la
flebite e talvolta la tromboflebite. La prognosi è generalmente benigna.
Le emorroidi sono dilatazioni varicose delle vene dell'ano e del
retto.
VIZI VALVOLARI
Sono alterazioni patologiche
delle valvole cardiache e aortiche. Se le valvole sono saldate fra loro, si ha
la stenosi mitralica, o aortica o tricuspidale.
Se le valvole si chiudono
incompletamente, si ha l'insufficienza mitralica o aortica o
tricuspidale.
Spesso stenosi e insufficienza sono
associate. Possono essere colpite una o più valvole. La mitrale è
quella lesa più spesso. Il reumatismo articolare è la causa
più frequente dei vizi valvolari. Altre cause sono la scarlattina,
l'endocardite lenta, la sifilide (per i vizi aortici), le malformazioni
congenite.
(Vedi le voci Insufficienza e
Stenosi).
La pressione arteriosa può essere
misurata mediante un apparecchio: lo figmomanometro di Riva-Rocci, basato sul
principio di misurare la contropressione necessaria per impedire la progressione
del sangue nell'arteria omerale, cioè del braccio. Lo sfigmomanometro
è costituito da un manicotto di gomma che si applica intorno al braccio e
che comunica con un manometro a
mercurio.
Insufflando aria entro il manicotto,
questo si gonfia comprimendo tutti i vasi dell'arto - e in particolare l'arteria
omerale - mentre si innalza il mercurio nel tubo manometrico. Se si insuffla
l'aria in modo lento e progressivo, sì che la colonna di mercurio salga
uniformemente, giunge un momento in cui non si sente più il polso.
L'altezza della colonna di mercurio in questo momento equivale alla pressione
massima.
Oltre alla pressione massima, o sistolica
(corrispondente all'acme della sistole del cuore), si misura anche la pressione
minima, o diastolica (corrispondente alla fase di riposo del cuore, o diastole).
Il valore della pressione diastolica rappresenta l'elemento costante della
pressione; la differenza fra la pressione diastolica e quella sistolica
rappresenta l'elemento variabile della pressione.
I
valori normali della pressione arteriosa, secondo lo Spadolini, sono i seguenti:
la pressione sistolica è compresa fra 75 e 90 g mm (millimetri di
mercurio) durante i primi anni di vita; fra 90 e 110 nella fanciullezza; fra 100
e 120 verso i 15 anni. La pressione diastolica è di circa
50-60.
Nell'adulto la pressione sistolica
normalmente oscilla intorno a 130 con deviazioni di 15 in più o in meno.
Pertanto valori di 115 e 145 possono essere considerati nei limiti del
normale.
È indubbio che con l'età, nella
maggioranza dei casi, aumenta la pressione, cosicché l'ipertensione
è da considerare come normale nei
vecchi.
Anzi, c'è una regola che considera
normale una pressione uguale a 100 più il numero degli anni di vita,
cosicché a 20 anni la pressione dovrebbe essere 120, e a 50 anni 150.
Questo però è grossolano
empirismo.
Una delle più recenti tabelle
della pressione arteriosa normale è la
seguente:
+---------------------------------------------+
¦ ¦ UOMINI ¦
¦ ETÀ IN ANNI +---------------------------¦
¦ ¦ SISTOLICA ¦ DIASTOLICA ¦
+-----------------+-------------+-------------¦
¦ ¦ ¦ ¦
¦ 1-5 ¦ 75-90 ¦ 50-60 ¦
¦ 7-8 ¦ 85-95 ¦ 50-65 ¦
¦ 10-12 ¦ 95-105 ¦ 50-70 ¦
¦ 14-15 ¦ 97-120 ¦ 60-72 ¦
¦ 17-18 ¦ 106-122 ¦ 60-75 ¦
¦ 20-24 ¦ 108-132 ¦ 65-77 ¦
¦ 25-29 ¦ 110-132 ¦ 65-80 ¦
¦ 30-34 ¦ 110-132 ¦ 65-80 ¦
¦ 35-39 ¦ 110-132 ¦ 65-80 ¦
¦ 40-44 ¦ 110-140 ¦ 65-85 ¦
¦ 45-49 ¦ 110-140 ¦ 65-90 ¦
¦ 50-59 ¦ 115-142 ¦ 65-90 ¦
¦ 60-69 ¦ 115-145 ¦ 65-90 ¦
¦ 70-79 ¦ 120-160 ¦ 65-90 ¦
¦ 80 ¦ 120-155 ¦ 65-90 ¦
+---------------------------------------------+
+---------------------------------------------+
¦ ¦ DONNE ¦
¦ ETÀ IN ANNI +---------------------------¦
¦ ¦ SISTOLICA ¦ DIASTOLICA ¦
+-----------------+-------------+-------------¦
¦ ¦ ¦ ¦
¦ 1-5 ¦ 75-90 ¦ 50-60 ¦
¦ 7-8 ¦ 85-95 ¦ 50-65 ¦
¦ 10-12 ¦ 95-105 ¦ 50-70 ¦
¦ 14-15 ¦ 95-115 ¦ 57-72 ¦
¦ 17-18 ¦ 93-110 ¦ 57-73 ¦
¦ 20-24 ¦ 100-120 ¦ 55-70 ¦
¦ 25-29 ¦ 100-120 ¦ 55-75 ¦
¦ 30-34 ¦ 100-120 ¦ 60-75 ¦
¦ 35-39 ¦ 105-125 ¦ 60-80 ¦
¦ 40-44 ¦ 110-130 ¦ 60-80 ¦
¦ 45-49 ¦ 110-140 ¦ 65-85 ¦
¦ 50-59 ¦ 110-145 ¦ 65-90 ¦
¦ 60-69 ¦ 115-155 ¦ 70-90 ¦
¦ 70-79 ¦ 115-165 ¦ 70-90 ¦
¦ 80 ¦ 115-160 ¦ 70-90 ¦
+---------------------------------------------+