Stats Tweet

MEDICINA - GUIDA MEDICA - MALATTIE DEL SANGUE, DEL CUORE E DEI VASI

INTRODUZIONE

Chi non è medico ha molta difficoltà a orientarsi nel vasto campo della patologia umana, sia per il numero e la varietà delle malattie, sia per la terminologia in uso per definirle. La divulgazione di questa materia attraverso i sistemi di informazione (giornali, radio, televisione) ha reso familiari al pubblico i nomi e i problemi che si riferiscono alle malattie più diffuse o che provocano una più elevata mortalità. Tuttavia questa divulgazione è disordinata e mira più all'effetto emotivo o al sensazionale che alla precisione. Ne deriva perciò una dannosa confusione di concetti e di valutazioni.
Scopo principale di questa sezione, che ha per titolo Le grandi malattie, è invece quello di offrire una informazione sistematica, organica, concisa, in cui il rigore scientifico è contemperato con la necessità di farsi comprendere anche da coloro che sono digiuni di medicina. Avendo sempre di mira l'intendimento pratico e lo scrupolo di non indurre il malato o chi lo assiste a sostituirsi al medico, l'esposizione delle malattie è centrata soprattutto su quei sintomi che sono facilmente riconoscibili dal profano.

ANEMIE

Sono malattie caratterizzate da una diminuzione del numero o delle dimensioni o del contenuto di emoglobina dei globuli rossi. Ne consegue una diminuita capacità del sangue di trasportare l'ossigeno, che provoca una sindrome (insieme di sintomi) che accompagnano le anemie: pallore della pelle e delle mucose: disturbi nervosi come cefalee (mali di testa), vertigini, ronzii agli orecchi, grande spossatezza; dispnea (difficoltà di respirazione) e tachicardia (aumento del battito cardiaco); disturbi digestivi come inappetenza, vomito, stitichezza o diarrea; amenorrea (mancanza di mestruazione) nella donna e impotenza nell'uomo.
Dal punto di vista eziologico, si distinguono vari tipi di anemie: per emorragia acuta o cronica; per distruzione eccessiva, acuta o cronica, di globuli rossi (anemie emolitiche); per carenza di vitamine (specialmente del gruppo B) o di proteine; per disturbi nella formazione dei globuli rossi a causa di malattie infettive, di malattie croniche (come l'uremia), endocrine (come il mixedema), della milza, di intossicazioni, di compromissioni strutturali del midollo osseo; per disturbi congeniti nella formazione dei globuli rossi (ittero emolitico congenito, anemia mediterranea).
Ecco alcune forme principali di anemie.

ANEMIA CRONICA SEMPLICE

È provocata da malattie infettive o infiammatorie, oppure da affezioni croniche diverse. I sintomi sono quelli generali dell'anemia, spesso mascherati dalle manifestazioni della malattia causale: infezioni subacute e croniche come tubercolosi, endocardite lenta, sifilide congenita; reumatismo articolare acuto; poliartrite cronica evolutiva; insufficienza renale cronica (uremia); leucemie, linfogranuloma maligno; insufficienza epatica, malattie endocrine come mixedema e malattia di Addison; avitaminosi. Raramente l'anemia cronica semplice è grave e la sua terapia dipende da quella della malattia causale.

ANEMIE EMOLITICHE

L'anemia emolitica si verifica quando la vita media dei globuli rossi è inferiore a un centinaio di giorni, e si manifesta quando essa è inferiore a due settimane circa. Qualunque sia la causa dell'emolisi (distruzione dei globuli rossi) si osserva un certo numero di sintomi comuni: nell'emolisi acuta, malessere, brividi, febbre, cefalea, dolori addominali, artralgie (dolori alle articolazioni), ittero (colorazione gialla più o meno intensa della pelle e delle mucose), tachicardia, vertigini; nell'emolisi cronica, ittero talvolta appena percettibile o assente, splenomegalia (ingrossamento della milza) ed epatomegalia (ingrossamento del fegato).
La malattia può essere causata da fattori estrinseci (esterni) oppure da fattori intrinseci (interni). Tra i fattori estrinseci vi sono malattie infettive come polmonite da virus, setticemia da streptococco, malaria, intossicazione da sostanze chimiche assorbite in dosi elevate da soggetti normali o in deboli dosi (anche farmaci) da soggetti ipersensibili; anche veleni di serpenti provocano emolisi. La prognosi dipende dall'eziologia: eccetto che nelle forme dove l'agente causale persiste, le guarigioni spontanee sono frequenti.
Tra i fattori intrinseci che provocano l'anemia emolitica primeggia un fenomeno di auto-immunizzazione per cui i globuli rossi vanno incontro a distruzione. Dal punto di vista clinico, si notano: ora affezioni della milza (anemia splenica), ora una splenomegalia priva di ogni altro sintomo morboso, ora una sindrome emolitica secondaria a una polmonite da virus.
Tra le forme acute, tipica è l'anemia emolitica di Lederer-Brill (o ittero emolitico acquisito) che colpisce soprattutto i bambini e gli adolescenti esordendo bruscamente con febbre elevata, sindrome emolitica, talvolta emorragie come epistassi (sangue dal naso), ematuria (sangue nelle urine, emorragie intestinali, ecc). La guarigione può avvenire spontaneamente, ma una abbondante trasfusione sanguigna è in grado di accelerarla. (Per le anemie emolitiche vedi anche Anemia mediterranea, Eritroblastosi fetale, Ittero emolitico congenito).

ANEMIA FERROPRIVA

Detta anche anemia ipocromica essenziale, anemia ipocromica microcitica, clorosi, è caratterizzata da globuli rossi piccoli e pallidi per carenza di ferro. La sintomatologia è costituita da un insieme di disturbi: debolezza generale, facile affaticabilità, inappetenza, bruciori di stomaco e spesso dolori nevralgici, formicolii alle mani e ai piedi, palpitazioni, unghie piatte o concave e fragili.
La carenza di ferro che porta all'anemia è provocata dall'aumentato fabbisogno di questo elemento nella donna (mestruazioni e gravidanza); nel bambino tenuto esclusivamente ad alimentazione lattea artificiale oltre il quarto-quinto mese; durante e dopo una malattia infettiva; a causa di una emorragia palese od occulta (menorragia, metrorragia, ulcera gastro-duodenale, colite ulcerosa, emorroidi ecc.). In altri casi si tratta di cattivo assorbimento del ferro contenuto negli alimenti. L'anemia ferropriva, attualmente rara nella forma clinica di clorosi (un tempo tipica delle giovanette) è invece molto frequente, soprattutto nelle donne tra la pubertà e la menopausa. La si può prevenire con la somministrazione di ferro alla donna in caso di mestruazioni abbondanti e durante la gravidanza, nei bambini allattati artificialmente e nei convalescenti di una malattia infettiva. La prognosi è eccellente: con una cura di ferro, che è il farmaco specifico, l'anemia guarisce, a condizione che si possa eliminare anche Ì eventuale perdita di sangue che l'ha provocata.

ANEMIA MEDITERRANEA

Detta anche anemia di Cooley, morbo di Cooley, talassemia, è una malattia emolitica ereditaria caratterizzata da splenomegalia, epatomegalia, crisi febbrili, decalcificazioni ossee o ispessimento poroso delle ossa della volta cranica, aspetto mongolide e crescita ritardata. Questa forma di anemia, che si manifesta negli individui omozigoti recessivi (gene patologico recessivo presente nel padre e nella madre, vedi Malattie ereditarie), non reagisce ad alcuna terapia ed ha esito letale in media verso i 12 anni. Invece negli individui eterozigoti recessivi si osservano forme di anemia lieve, a evoluzione benigna. L'anemia mediterranea è diffusa soprattutto nel bacino del Mediterraneo orientale e centrale. Il gene patologico che la determina è presente nel 2-lO% della popolazione italiana.

ANEMIA PERNICIOSA

Detta anche anemia di Biermer-Addilon, è una malattia idiopatica (spontanea) cronica caratterizzata sia dalla presenza di globuli rossi di grandi dimensioni, sia da un loro arresto di maturazione. La sintomatologia è costituita da sindrome anemica, inappetenza, vomito, diarrea, dolori addominali, infiammazione della lingua, formicolii alle gambe. La malattia, che si manifesta soprattutto dai 40 ai 70 anni, è provocata probabilmente dall'assenza di un enzima (il «fattore intrinseco» di Castle) necessario per l'assorbimento della vitamina B 12 contenuta in alcuni alimenti come latte, uova, carne. Non curata, l'anemia perniciosa ha esito letale in alcuni mesi o in qualche anno.
Nella maggior parte dei casi, la terapia (vitamina B 12 come farmaco di elezione) porta alla guarigione, ma deve essere proseguita indefinitamente per evitare ricadute, appunto perché si tratta di una malattia idiopatica cronica.

ERITROBLASTOSI FETALE

Detta anche anemia emolitica del neonato. Si tratta di una sindrome emolitica congenita la cui eziologia è in relazione con la trasmissione del fattore sanguigno Rh. Quando la madre è«Rh-negativa», il padre «Rh-positivo » e il feto «Rh-positivo», piccole quantità di sangue fetale che giungono a quello materno per via transplacentare, o più spesso durante il parto, provocano una sensibilizzazione materna: i globuli rossi del feto inducono la formazione, nel siero sanguigno della madre, di anticorpi anti-Rh che, se entrano nel sangue del feto, provocano l'emolisi.
Generalmente, alla prima gravidanza il neonato è sano (appunto perché la sensibilizzazione materna è conseguenza del parto) a meno che la madre non sia stata sensibilizzata da una trasfusione di sangue Rh-positivo praticata in precedenza. La eritroblastosi fetale avviene solo nella seconda gravidanza e si aggrava nelle successive, sempre quando la madre è Rh-negativa e il feto Rh-positivo.
La malattia si manifesta in due forme principali: idrope congenito che si osserva nei prematuri cioè edema generalizzato e idramnios (eccesso di amniotico), epatomegalia e splenomegalia, per cui il bambino nasce morto o muore poco dopo la nascita; ittero grave con liquido amniotico giallo e ittero che si manifesta poco dopo la nascita, per cui il bambino ha possibilità di sopravvivenza che dipendono dal grado dell'anemia. Un decimo dei bambini con ittero prolungato presenta lesioni cerebrali permanenti (spasmofilia, ritardo mentale, ecc.), gli altri sono normali.
La sola terapia utile è la trasfusione sanguigna al feto (di età inferiore a sette mesi e mezzo) e la exanguino-trasfusione (sostituzione totale del sangue) al neonato. Per evitare una sensibilizzazione che, una volta instaurata, diventa stabile, la profilassi della eritroblastosi fetale consiste sia nell'evitare che le donne Rh-negative ricevano, fin dall'infanzia, trasfusione di sangue Rh-positivo, sia nel praticare loro, subito dopo ogni parto, una vaccinazione con anticorpi anti-Rh (immuno-profilassi passiva).

ITTERO EMOLITICO CONGENITO

È una malattia a carattere dominante (vedi Malattie ereditarie) caratterizzata dalla presenza di globuli rossi sferici, anormalmente fragili, e da anemia emolitica. I sintomi sono: crisi di ittero lieve, di sindrome anemica e di emolisi con febbre, dolori addominali e palpitazioni; splenomegalia quasi costante; frequenti le ulcere alle gambe e le lesioni ossee. L'ittero emolitico congenito si manifesta il più delle volte fra i 5 e i 10 anni, ha una evoluzione cronica, provoca disturbi della crescita e permette la sopravvivenza; ma la prognosi è meno favorevole se la malattia comincia precocemente nell'infanzia. Nel corso di una crisi emolitica può sopraggiungere la morte. La splenoctomia (asportazione della milza) è la sola terapia efficace.

ANEURISMA DELL'AORTA

È una dilatazione dell'aorta che forma una sacca connessa con la parete aortica da un colletto più stretto. Se l'aneurisma è situato nell'aorta toracica provoca dolori, tosse, dispnea, disfagia (difficoltà di inghiottire), singhiozzo. Se invece è localizzato nell'aorta addominale, i dolori si irradiano dai lombi o dall'addome. Alla palpazione, l'aneurisma aortico può risultare come una tumefazione pulsante. Ma poiché la sintomatologia clinica è molto varia, soltanto l'esame radiologico permette di porre la diagnosi.
L'aneurisma dell'aorta, più frequente nell'uomo tra i 35 e i 55 anni, generalmente è una complicazione tardiva della sifilide e compare 15-20 anni dopo l'infezione. Gli aneurismi della parte inferiore dell'aorta addominale sono provocati invece dall'arteriosclerosi. L'aneurisma aortico consente la sopravvivenza da qualche mese a una decina d'anni, talvolta di più. È guaribile con terapia antiluetica e chirurgica. La rottura dell'aneurisma è rara e il decesso avviene il più delle volte per embolia, infarto del miocardio o malattia intercorrente.

ANGINA DI PETTO

È una sindrome molto tipica che esprime una diminuzione momentanea, parziale o totale, di afflusso sanguigno alle arterie coronarie e quindi di ossigenazione del miocardio. Si manifesta come «crisi anginosa» con un dolore costrittivo, localizzato dietro lo sterno, che si irradia alla spalla sinistra e può propagarsi lungo il braccio e la mano accompagnandosi con sudorazione, nausea, senso di angoscia. La crisi, che può manifestarsi occasionalmente o con frequenza, dura da qualche secondo a qualche minuto. Se si prolunga oltre la mezz'ora, si può sospettare un infarto del miocardio.
Per ciò che riguarda l'eziologia (cioè le cause), la più frequente (9 casi su 10) è la sclerosi delle coronarie. Altre cause sono l'aortite, l'insufficienza aortica luetica, la stenosi aortica, la tachicardia parossistica, l'anemia grave, gli stati ansiosi. Fattori scatenanti della crisi anginosa sono lo sforzo muscolare, il freddo, i pasti abbondanti, l'abuso di tabacco, le emozioni, l'ipertensione e l'ipotensione arteriosa, l'ulcera gastro-duodenale, le malattie delle vie biliari.
L'angina di petto si osserva soprattutto negli uomini dopo i 40 anni, raramente nelle donne. Può regredire anche in modo spontaneo, senza causa apparente. Altrimenti il malato è in grado di sopravvivere parecchi anni. La prognosi è sfavorevole quando le crisi anginose sono molto frequenti e quando si scatenano anche a riposo; in tale caso, la morte sopravviene improvvisa in media 45 anni dopo le prime crisi. Il dolore provocato dall'angina di petto può essere soppresso non per mezzo di comuni analgesici, ma speciali farmaci.

AORTITE

È un processo infiammatorio dell'aorta di cui la causa più frequente è la sifilide cardio-vascolare che attacca soprattutto la tunica media dell'aorta e provoca indebolimento della tunica muscolare, spesso con formazione di aneurisma. L'aortite sifilitica è localizzata più frequentemente nella parte ascendente dell'aorta e quindi può estendersi alle valvole aortiche. Quando è priva di complicazioni, non presenta sintomi e nella maggior parte dei casi la diagnosi clinica è possibile. Le complicazioni possono essere: restringimenti degli orifici delle coronarie (a causa di cicatrici fibrose) che provocano una diminuzione di afflusso sanguigno al miocardio e quindi angina di petto; insufficienza aortica; aneurisma dell'aorta. L'aortite luetica si manifesta in genere tra i 40 e i 50 anni, a oltre un decennio di distanza dall'infezione.

ARTERIOSCLEROSI

Consiste in indurimento, ispessimento e perdita di elasticità delle arterie. Il termine aterosclerosi viene usato generalmente per indicare la sclerosi della tunica intima delle arterie, con deposito di sostanze grasse. Infarto del miocardio, angina di petto, accidenti vascolari cerebrali, arteriosclerosi renale, occlusione arteriosa delle gambe, aneurismi: ecco le conseguenze più gravi della malattia.
Caratteristica è la distribuzione segmentaria e locale dell'arteriosclerosi: alcune arterie (come le coronarie o quelle cerebrali) possono essere gravemente lese mentre il resto del sistema arterioso resta relativamente indenne. L'eziologia dell'arteriosclerosi è incerta. Comunque la sua frequenza si può correlare con un aumento del colesterolo nel sangue (ipercolesterinemia), sia a causa di una alimentazione molto ricca di grassi animali, sia in seguito ad alcune malattie come diabete, nefrosi, mixedema.
L'arteriosclerosi è nettamente più frequente nell'uomo che nella donna, negli individui soggetti a ipertensione arteriosa e in quelli appartenenti a famiglie dove l'aumento di colesterolo nel sangue e l'arteriosclerosi precoci sono molto diffusi. Non esiste una terapia specifica per l'arteriosclerosi. Si può tentare di prevenirla riducendo al minimo l'uso dei grassi animali nell'alimentazione o curando le malattie che provocano ipercolesterinemia. Tra le forme principali di arteriosclerosi vi sono l'aortica, la cerebrale e la coronarica.
Le tre fasi successive (A, B, C) della crescita della placca ateromatica all'interno di un'arteria.


ARTERIOSCLEROSI AORTICA

È spesso asintomatica (priva di sintomi) e può venire scoperta durante l'esame radiologico. Le sue principali complicazioni sono l'aneurisma aortico (più frequente nell'aorta addominale) e la trombosi aortica.

ARTERIOSCLEROSI CEREBRALE

Può iniziare ed evolversi, inizialmente, in modo asintomatico, oppure manifestarsi con sintomi mentali come restringimento del campo di attività intellettuale, perdita della memoria dei fatti recenti, labilità affettiva, esagerazione dei tratti del carattere. Spesso si osservano sintomi neurologici come cefalee persistenti, vertigini, ronzii agli orecchi, crisi convulsive. L'arteriosclerosi è la causa più frequente di trombosi e di emorragie cerebrali. L'arteriosclerosi cerebrale è più frequente nell'uomo che nella donna: si manifesta generalmente verso i 60 anni, ma anche prima, soprattutto se l'individuo è iperteso o arteriosclerotico precoce.

ARTERIOSCLEROSI CORONARICA

Detta anche sclerosi delle coronarie, può rimanere, anche se in fase avanzata, del tutto asintomatica; oppure rivelarsi attraverso l'angina di petto, l'infarto del miocardio, l'insufficienza cardiaca.
L'arteriosclerosi coronarica è la causa più frequente di mortalità per cardiopatie. Colpisce soprattutto gli uomini fra i 50 e i 60 anni mentre nella donna è più frequente fra i 60 e i 70 anni, ma la mortalità è minore che nell'uomo.

ASMA CARDIACA

È un accesso di dispnea parossistica (grave difficoltà respiratoria) che insorge per lo più di notte nei malati con insufficienza funzionale del ventricolo sinistro del cuore. L'accesso ha inizio brusco, talora senza precedenti o cause apprezzabili; spesso è scatenato da sovraffaticamento muscolare, pasti troppo abbondanti, incubi, ecc. Il malato è svegliato all'improvviso da una intensa dispnea che lo costringe a sedersi, in preda a un senso angoscioso di soffocamento. Il respiro è frequente e ansante, contrariamente a quello che si osserva nell'asma bronchiale in cui l'inspirazione è incompleta, l'espirazione difficile e convulsa.

CARDIOPATIE CONGENITE

Sono anomalie del cuore o dei grossi vasi sanguigni che hanno origine nel corso della vita embrionale, tra la quinta e l'ottava settimana di gravidanza. Le principali, in ordine di frequenza sono: comunicazione interatriale, comunicazione interventricolare, dotto arterioso, stenosi polmonare, anomalie delle valvole semilunari aortiche. Le cardiopatie congenite, che si osservano in 3 neonati su 1000, possono essere ereditarie; oppure acquisite nel primo trimestre di gravidanza: per esempio, la rosolia contratta dalla gestante provoca una percentuale elevata di queste anomalie. Alcune cardiopatie congenite sono incompatibili con la vita, altre si manifestano con sintomi più o meno gravi come affaticabilità, dispnea da sforzo, ritardo della crescita; altre ancora rimangono asintomatiche per anni.

EDEMA POLMONARE

È una sindrome, abitualmente parossistica, dovuta al travaso negli alveoli polmonari di siero che trasuda dai capillari dei polmoni. La crisi che generalmente sopraggiunge nelle prime ore della notte, è costituita da una sensazione di soffocamento e di oppressione che costringe il malato a sedersi sul letto, in preda ad angoscia. È cianotico, mani e piedi sono freddi e ricoperti di sudore, molto tipica la tosse ad accessi con espettorato abbondante, schiumoso, roseo. Nella forme subacute, la prognosi immediata dell'edema polmonare curato precocemente non è sfavorevole; ma le recidive sono frequenti e la prognosi a lunga scadenza è riservata. Invece le forme acutissime hanno esito letale nel giro di qualche minuto o di qualche ora.
L'edema polmonare può avere cause cardiache, in particolare tutte le malattie (come ipertensione arteriosa grave, vizi valvolari, infarto del miocardio, pericardite grave) che colpiscono il ventricolo sinistro, cause infiammatorie, come complicazioni di una malattia infettiva (soprattutto polmonite, tubercolosi polmonare); cause tossiche, cioè da alcuni prodotti utilizzati nell'industria (ammoniaca, vapori di acidi forti o di cadmio) o di cui si è fatto abuso (barbiturici, morfina, alcool).

EMBOLIE

L'embolia è l'occlusione brusca di un vaso sanguigno (più spesso un'arteria) o linfatico da parte di un embolo, cioè di un corpo estraneo (coagulo di sangue, accumulo di germi, frammento di tumore, ecc. trasporto a circolazione. Questa occlusione embolica si verifica con più frequenza dopo i 40 anni e soprattutto dopo i 60 anni è spesso facilitata dall'arteriosclerosi: quando un tratto di arteria si ispessisce per accumulo di grasso e altre sostanze, anche un piccolo embolo può ostruirla del tutto. Tra le forme più gravi di embolia vi sono la cerebrale e la polmonare.

EMBOLIA CEREBRALE

È l'occlusione brusca di una arteria del cervello da parte di un embolo, più spesso nell'emisfero sinistro e precisamente nell'area dell'arteria silviana. I sintomi insorgono sempre all'improvviso e sono molto simili a quelli dell'apoplessia cerebrale: perdita subitanea della coscienza, caduta al suolo, talvolta convulsioni. Questo stato di coma, in genere non profondo, nella maggior parte dei casi è di breve durata, altrimenti può prolungarsi per qualche ora. Già in questa fase, ma ancor più con il ritorno della coscienza, si mettono in evidenza i danni provocati dall'embolia, la quale ha determinato l'ischemia (insufficiente irrorazione sanguigna) e quindi l'infarto cerebrale, cioè la necrosi (distruzione) del tessuto cerebrale circostante: ne conseguono il più delle volte emiplegia (paralisi della metà sinistra o del corpo), disturbi della parola e altri danni di carattere prevalentemente neurologico.
Se il malato sopravvive, il che accade abitualmente in caso di lesione di scarsa entità, spesso questi danni neurologici regrediscono; ma dopo 6 mesi non si possono attendere miglioramenti di rilievo. L'embolia cerebrale, che può insorgere a qualunque età, è la conseguenza di un embolo provocato da una cardiopatia: nei giovani, si tratta spesso di stenosi mitralica o di endocardite lenta, negli adulti, di fibrillazione atriale o di infarto del miocardio.

EMBOLIA POLMONARE

È l'occlusione brusca dell'arteria polmonare o di un suo ramo da parte di un embolo. Piccole embolie polmonari sono asintomatiche o provocano solo disturbi leggeri e di breve durata. Se invece si tratta di embolie polmonari importanti, i sintomi sono variabilissimi: dispnea con intenso senso di oppressione, angoscia, mani e piedi freddi ma coperti di sudore, spesso singhiozzo, talvolta dolori dietro lo sterno simili a quelli dell'angina di petto e dell'infarto del miocardio.
La morte è rara negli individui giovani, più frequente dopo i 40 anni. La guarigione può avvenire senza strascichi, oppure nei giorni successivi può insorgere come complicazione l'infarto del polmone, cioè la necrosi del tessuto polmonare circostante all'arteria occlusa dall'embolo e diventato perciò ischemico. Nei cardiopatici l'embolia polmonare determina spesso la comparsa dell'insufficienza cardiaca.
Nell'eziologia dell'embolia polmonare sono in causa: la tromboflebite, spesso quella che insorge nelle due settimane che seguono una operazione di una certa importanza (soprattutto addominale o pelvica); le cardiopatie (come stenosi mitralica, endocardite, infarto del miocardio) in cui l'embolo proviene dalla parte destra del cuore; malattie come insufficienza cardiaca, cancro, paralisi degli arti, policitemia (aumento anormale dei globuli rossi).

ENDOCARDITI

Sono processi infiammatori che si svolgono a carico dell'endocardio, cioè della membrana che riveste internamente il cuore. Si distinguono fondamentalmente due forme cliniche di endocardite: la reumatica e la batterica.

ENDOCARDITE BATTERICA

In forma subacuta, prende il nome di endocardite lenta maligna; in forma acuta, di endocardite acuta maligna.
L'endocardite lenta maligna è determinata da germi di bassa virulenza (il più frequente è lo streptococco «viridans») provenienti da un focolaio infettivo (come tonsillite, ascesso dentario, infezione cutanea) e che quasi sempre si impiantano su una valvola cardiaca già alterata (spesso dal reumatismo) o congenitamente malformata. L'endocardite lenta colpisce, in ordine di frequenza decrescente, le valvole mitraliche o aortiche, o entrambe, le tricuspidi e le polmonari. L'inizio della malattia è spesso insidioso: astenia sempre più pronunciata, crisi febbrili spesso senza brividi, a volte febbre continua. Tipica è però la sintomatologia cutanea, costituita da noduli dolorosi rosso-violacei, della grandezza da una testa di spillo a un pisello, disposti specialmente sui polpastrelli delle dita delle mani o dei piedi. L'endocardite lenta si osserva più spesso nell'uomo che nella donna, soprattutto nell'adolescente e nel giovane.
Malgrado la terapia antibiotica, è una malattia molto grave,: il 20 dei malati muore 1-2 anni dopo l'inizio della malattia.
L'endocardite acuta maligna è generalmente associata a una setticemia (invasione massiccia di germi patogeni nella corrente sanguigna) oppure sopraggiunge nel corso di una infezione o di una suppurazione dell'endocardio. Le valvole più colpite sono la mitrale e l'aortica. Contrariamente all'endocardite lenta, l'endocardite acuta maligna può instaurarsi in un cuore indenne da ogni lesione o malformazione precedente. Il germe più frequente è lo stafilococco emolitico. I sintomi differiscono da quelli dell'endocardite lenta solo per la loro intensità e la rapidità della loro evoluzione. La prognosi è la medesima.

ENDOCARDITE REUMATICA

Chiamata anche endocardite benigna o verrucosa, è una complicazione del reumatismo articolare acuto il quale può provocare la formazione di verruche (piccole protuberanze) sui lembi valvolari.
Le valvole più frequentemente colpite sono la mitrale (90% dei casi) e dell'aorta, non di rado entrambe. Questa infiammazione reumatica può coinvolgere anche il miocardio e il pericardio determinando una pancardite. La sintomatologia del periodo acuto (il quale sopraggiunge generalmente durante una crisi di reumatismo articolare acuto che può essere atipica e spesso ignorata) si manifesta solo con vaghi dolori alle estremità, febbre, pallore, inappetenza. L'endocardite reumatica può risolversi senza conseguenze, oppure causare vizi valvolari. Se si instaura una pancardite, i sintomi possono diventare più evidenti sotto forma di oppressione e dolore dietro lo sterno, palpitazioni, sudorazioni. La quasi totalità delle cardiopatie infantili e giovanili sono di origine reumatica (reumatismo cardiaco).

INFARTO DEL MIOCARDIO

È la necrosi di una parte del miocardio per insufficiente irrorazione sanguigna causata, nella maggior parte dei casi, dall'occlusione di una arteria coronaria. Il sintomo principale è costituito dal dolore che insorge abitualmente a riposo (ma può anche prodursi dopo uno sforzo) e tutte le caratteristiche, pure per ciò che riguarda la sua irradiazione, di un dolore anginoso prolungato (vedi Angina di petto). La sua intensità e la sua durata sono variabili: dal semplice malessere al dolore parossistico, continuo o intermittente; da un quarto d'ora a varie ore e talvolta alcuni giorni.
Un sintomo obiettivo è la febbre: la temperatura sale generalmente a 38-38,5 C, per poi ridiscendere in una decina di giorni.
La causa più frequente dell'infarto miocardico è una trombosi che si sviluppa più o meno rapidamente in una arteria coronaria ristretta a causa di aterosclerosi (sclerosi coronarica) e che quindi ne determina l'occlusione. Fattori predisponenti sono tutte le professioni sedentarie e che esigono una continua tensione nervosa, gli abusi di tabacco, il «terreno ereditario» (vedi Malattie ereditarie). Tra i fattori scatenanti si annoverano: sforzo fisico non abituale, forte emozione, tachicardia parossistica.
Le embolie cerebrali, polmonari, renali e degli arti sono le complicazioni più frequenti dell'infarto miocardico. Vi sono poi le tachicardie. Particolarmente temibile la tachicardia ventricolare e l'insufficienza cardiaca.
Come riconoscere l’infarto e come intervenire

Sintomatologia e primo intervento in caso di infarto

INSUFFICIENZA CARDIACA

Detta anche scompenso cardiaco, è una sindrome che si osserva quando il miocardio non può più assicurare una gittata cardiaca (cioè un pompaggio del sangue) sufficiente per i normali bisogni dell'organismo. Ne conseguono disordini più o meno gravi della circolazione sanguigna. Nella sua eziologia si distinguono cause cardiache e cause extracardiache. Cause cardiache: lesioni degenerative del miocardio, vizi valvolari, ipertensione arteriosa, miocardite reumatica o difterica, affezioni del pericardio, sifilide cardio-vascolare, alcune cardiopatie congenite. Cause extracardiache: ipertiroidismo, anemie gravi, cirrosi epatica, malattia ossea di Paget. Tra le cause scatenanti l'insufficienza cardiaca si annoverano: gli sforzi muscolari, la tachicardia, la gravidanza, il periodo mestruale, e l'alimentazione eccessiva, l'infarto polmonare e il calore estivo.
Le complicazioni più temibili dell'insufficienza cardiaca sono la trombosi venosa (molto frequente, soprattutto nei cardiopatici costretti a letto) e le infezioni polmonari (relativamente frequenti polmoniti e broncopolmoniti la cui prognosi è sempre grave). L'insufficienza cardiaca di origine extracardiaca ha una prognosi spesso favorevole se può essere curata la malattia causale; lo stesso si può dire per le insufficienze provocate da cardiopatie operabili (stenosi mitralica, dotto arterioso, stenosi polmonare, ecc.). Una prognosi molto riservata ha invece l'insufficienza cardiaca che si sviluppa dopo un infarto del miocardio. Quella secondaria a una insufficienza aortica luetica ha di solito una prognosi più grave di quella causata da una insufficienza aortica reumatica. L'insufficienza cardiaca degli ipertesi ha qualche volta una evoluzione favorevole inaspettata. L'insufficienza cardiaca può essere destra, sinistra o totale.

INSUFFICIENZA CARDIACA DESTRA

Nella sua forma acuta è detta anche cuore polmonare acuto, e la causa più frequente è l'embolia polmonare. Si manifesta soprattutto con uno stato di shock: il malato è in preda a una improvvisa dispnea con senso di oppressione e talvolta accusa dolori dietro lo sterno simili a quelli dell'angina di petto e dell'infarto miocardico.
Nella sua forma cronica è caratterizzata essenzialmente da una congestione venosa generalizzata che si manifesta con epatomegalia ed edemi periferici. Altri sintomi sono: dolori di fegato (all'inizio) il quale poi si ingrossa e diventa dolente alla palpazione, edemi di importanza variabile, inappetenza, diarrea, nausea, astenia, insonnia, dispnea più o meno intensa.

INSUFFICIENZA CARDIACA SINISTRA

Nella sua forma acuta, è caratterizzata essenzialmente da crisi di dispnea parossistica (vedi Asma cardiaco) e la sua manifestazione più drammatica è l'edema acuto del polmone. La prognosi immediata non è sfavorevole, se si provvede subito a una terapia. Tuttavia le ricadute sono frequenti e la prognosi immediata dipende dalla gravità della malattia causale. In genere, la sopravvivenza non supera qualche anno. Le crisi acute diventano meno gravi quando si instaura anche l'insufficienza cardiaca destra: il malato appare nettamente sollevato, benché le sue condizioni cliniche siano aggravate. Nella forma cronica, l'insufficienza cardiaca sinistra presenta i seguenti sintomi: astenia e stanchezza, dispnea dopo uno sforzo, tosse, cianosi lieve, talvolta emottisi (espettorazione di sangue) come segno di infarto polmonare.

IPERTENSIONE ARTERIOSA

È una malattia caratterizzata da una elevata pressione arteriosa dovuta all'aumento di resistenza al passaggio del sangue nelle arteriole. L'ipertensione arteriosa può rimanere asintomatica per anni.
Sintomi classici sono il ronzio agli orecchi e i disturbi circolatori alle estremità. Alcuni malati accusano debolezza, nervosismo, dispnea da sforzo: palpitazioni; le cefalee occipitali e le epistassi (emorragie nasali) sono frequenti. Si parla di ipertensione quando la pressione arteriosa supera, in media, i 140/90 mm Hg negli individui giovani, i 150/90 mm Hg in quelli più anziani. Nei casi gravi l'ipertensione arteriosa può arrivare a 300/170 mm Hg.
L'ipertensione arteriosa (temporanea o permanente) può essere di origine renale (per nefropatie acquisite o congenite), di origine endocrina, oppure associata a varie condizioni patologiche come insufficienza cardiaca, stenosi istmica, bradicardia (rallentamento del battito cardiaco), insufficienza aortica, malattie e traumi cerebrali.
Ma la forma più frequente e permanente (tre quarti dei casi) è l'ipertensione arteriosa essenziale. Non se ne conoscono le cause, tuttavia la sua origine è legata ad alcuni fattori come l'ereditarietà, l'eccitabilità nervosa e l'emotività in individui che conducono una vita molto attiva, l'obesità, la menopausa, l'arteriosclerosi. L'ipertensione arteriosa essenziale può mantenersi variabile, talvolta anche per anni, e in questo caso è benigna. Oppure restare più o meno fissa o aumentare, e in questo è maligna: evolve in individui relativamente giovani, con segni di lesioni renali (nefrosclerosi maligne) e ha esito letale in un tempo più o meno breve.
L'ipertensione arteriosa può provocare varie complicazioni. Anzitutto cardiache: il 45% degli ipertesi muore di insufficienza cardiaca, il 20% di infarto del miocardio. Poi vi sono le complicazioni oculari che vanno dalla leggera sclerosi (o restringimento delle arteriole) della retina, all'edema della retina e a piccole emorragie retiniche con conseguenti disturbi della vista. Complicazioni renali: soprattutto nefrosclerosi benigna o maligna. Complicazioni cerebrali: cefalee, ronzii agli orecchi, malattie cerebrali da ipertensione, emorragia cerebrale che è la causa del 20% dei decessi fra gli ipertesi.
L'evoluzione dell'ipertensione arteriosa è molto varia. La sopravvivenza può andare da qualche mese a molti decenni. La prognosi è generalmente favorevole quando l'ipertensione è variabile, la funzione renale integra e il fondo dell'occhio poco alterato. La prognosi è invece severa quando l'ipertensione è costante o aumenta progressivamente, con minima di oltre 120-130 mm Hg, accompagnata da compromissione renale, cardiaca o cerebrale e fondo dell'occhio alterato. Dopo l'introduzione dei farmaci ipotensivi, la mortalità per insufficienza cardiaca negli ipertesi è diminuita e la sopravvivenza dei malati di ipertensione maligna è stata prolungata.
Il sistema arterioso

LEUCEMIE

Sono malattie generalizzate, acute o croniche, che colpiscono anzitutto gli organi ematopoietici (cioè che generano le cellule del sangue, come il midollo osseo) e che sono caratterizzate da una proliferazione eccessiva dei leucociti (globuli bianchi) e delle loro cellule progenitrici che invadono spesso il sangue periferico. Le leucemie hanno una eziologia sconosciuta, evolvono come i tumori maligni e di regola hanno esito mortale a più o meno breve scadenza. In tutti i decessi per cancro, le leucemie rappresentano il 3,5 %. Le leucemie acute sono più frequenti prima dei 25 anni; la leucemia mieloide cronica (una volta e mezzo più frequente nell'uomo che nella donna) tra i 25 e i 45 anni; la leucemia linfoide cronica (3 volte più frequente nell'uomo che nella donna) tra i 45 e i 50 anni.

LEUCEMIE ACUTE

Sono un gruppo di leucemie a decorso rapidamente mortale, caratterizzate dalla presenza nel sangue di globuli bianchi immaturi e da una sindrome acuta ad andamento infettivo. La malattia esordisce bruscamente con febbre a 39° C, malessere generale, spesso accompagnata da una angina (infiammazione della gola) o da una stomatite (infiammazione della bocca) ulcerosa, oppure da emorragie variamente localizzate (nasali, gengivali, gastriche, renali, uterine, ecchimosi, ematomi sottocutanei). Altri sintomi sono pallore, astenia dispnea. Soprattutto nel bambino si possono manifestare anche dolori ossei pseudo-reumatici o pseudo-osteomielitici. La frequenza delle leucemie acute è massima nei primi cinque anni di vita, poi diminuisce con l'età. In media, la morte sopravviene in meno di tre mesi dall'inizio dei sintomi; nell'infanzia, sono state osservate remissioni temporanee e sopravvivenze di qualche anno.

LEUCEMIA LINFOIDE CRONICA

È una iperplasia (formazione di tessuto patologico) diffusa del tessuto linfatico, la cui evoluzione è relativamente lenta, caratterizzata all'inizio da ipertrofia (aumento di volume) dei linfonodi e della milza, poi da eccessivo aumento di globuli bianchi nel sangue periferico. La malattia comincia insidiosamente, con l'ingrossamento dei linfonodi, prima localizzato alla nuca, alle ascelle o all'inguine, poi diffuso sia in superficie sia in profondità, con alterazioni dello stato generale. I linfonodi assumono dimensioni che variano da quelli di una mandorla a quelli di un uovo, sono di consistenza elastica, mobili e non dolenti. Nel 30% dei casi si ha come complicazione una anemia emolitica; anche le infezioni intercorrenti sono frequenti. L'esito è generalmente letale, in media dopo anni, di rado dopo un decennio.

LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA

È una proliferazione maligna e relativamente lenta di globuli bianchi nel midollo osseo, nella milza e in altri organi, caratterizzata da splenomegalia e aumento eccessivo di globuli bianchi che nel sangue periferico appaiono anche in forme immature. Queste alterazioni del sangue risalgono spesso a vari mesi o anni, allorché si manifestano i primi sintomi, rappresentati da una anemia progressiva o da una sensazione di pesantezza in corrispondenza della milza. Se l'anemia è cospicua, si accompagna a pallore, astenia, dispnea, palpitazioni. La splenomegalia - sintomo importante della leucemia mieloide - è costante ma non provoca dolore. La febbre è frequente, intorno ai 38° C.
Le complicazioni sono di vario genere: infezioni secondarie (soprattutto tubercolosi e influenza) rottura della milza, osteoporosi, osteosclerosi, trombosi venose, pleurite, porpora ed ematomi sottocutanei, sindromi encefalitiche e del cervelletto, emorragie della retina, vertigini e sordità.
L'evoluzione della leucemia mieloide cronica è sempre progressiva e letale, in media 3 anni dopo le prime manifestazioni; talvolta si osservano sopravvivenze fino a 5-lO anni.

LINFAGITE

È una infiammazione acuta o cronica dei vasi linfatici. Nella forma acuta si possono osservare reazioni generali molto violente (febbre, brividi) mentre i linfonodi locali sono aumentati di volume e dolenti. La forma cronica è la conseguenza di recidive della forma acuta. La linfagite, il cui agente più frequente è lo streptococco, può sopravvenire spontaneamente oppure per una causa locale (trauma, ustione, ascesso, foruncolo, ferita infetta, puntura di insetto) anche settimane e mesi dopo l'episodio causale; pure malattie infettive gravi (come polmonite, tifoide, malaria) possono diventare causa generale di linfagite.

LINFOGRANULOMA

Detta anche morbo di Odgkin, è una malattia cronica mortale che si manifesta con tumefazione progressiva, ineguale e indolore dei linfonodi spesso anche della milza e del fegato; in fase avanzata con febbre pressoché costante, anemia e infine cachessia (perturbamento profondo di tutte le funzioni dell'organismo). Altri sintomi sono: prurito incostante, generalizzato, penoso, che può precedere di molti mesi gli altri segni; e quando la tumefazione interessa i linfonodi profondi, tosse, dispnea, disfagia, dolori addominali. L'evoluzione della malattia non curata è letale in 2-3 anni, anche se le tumefazioni dei linfonodi regrediscono.
Con la terapia si può ottenere, nel 20% dei casi, una sopravvivenza di oltre 5 anni, talvolta la guarigione definitiva. Il linfogranuloma maligno si osserva in tutte le età, ma soprattutto tra i 20 e i 40 anni; colpisce più spesso gli uomini che le donne in proporzione di 7 a 3. Nonostante le intense ricerche finora compiute, l'origine del linfogranuloma maligno è sconosciuta.

MIOCARDITE

È una infiammazione acuta o cronica, ovvero una lesione degenerativa, del miocardio. Generalmente è causata da malattie infettive e più di frequente dalla difterite. Può essere anche una complicazione del reumatismo articolare acuto. Quasi tutte le malattie infettive (da virus, batteri, parassiti) possono essere causa di miocardite; tuttavia essa è rara nel tifo ed eccezionale nella tubercolosi.
Anche setticemie da stafilococchi o da streptococchi possono provocare miocarditi. Esistono pure miocarditi idiopatiche (spontanee, di origine non infettiva) che si osservano soprattutto nel giovane e sono probabilmente di origine allergica. Molte miocarditi evidenti si manifestano con tachicardia, astenia, palpitazioni. Nelle forme gravi vi è dispnea e cianosi. La prognosi è riservata in caso di miocardite reumatica o difterica. La miocardite di origine allergica si manifesta con una insufficienza cardiaca progressiva e diventa letale in pochi mesi. Le altre forme di miocardite nella maggior parte dei casi guariscono.

PERICARDITE

È l'infiammazione del pericardio (la membrana che avvolge il cuore) con produzione di essudato sieroso (versamento pericardico). Talvolta è asintomatica perché può essere mascherata dalla malattia causale: reumatismo, tubercolosi, pleurite, polmonite, infarto del miocardio, ecc. I sintomi generali sono: dolore sotto lo sterno (che talvolta si irradia come quello dell'angina di petto, talaltra verso l'addome), dispnea precoce e spesso intensa, disfagia e voce rauca, febbre.
Esistono varie forme di pericardite. Ecco le più importanti.

PERICARDITE ACUTA BENIGNA

L'inizio è abitualmente brusco, doloroso, febbrile, spesso preceduto da una infezione delle vie aeree superiori, qualche volta da manifestazioni allergiche. È frequente la presenza di un versamento pleurico associato, unilaterale o bilaterale. La malattia regredisce spontaneamente in una diecina di giorni. La sua eziologia è sconosciuta.

PERICARDITE ISCHEMICA

Si osserva nel 20% degli infarti del miocardio. Talvolta dura solo poche ore, al massimo 2-3 giorni. La sua presenza non modifica la prognosi dell'infarto.

PERICARDITE PURULENTA

Spesso mascherata dalla malattia causale, in genere è secondaria a una infezione polmonare, pleurica o mediastinica. Colpisce il lattante e il bambino. La prognosi è sfavorevole.

PERICARDITE REUMATICA

È una complicazione del reumatismo articolare acuto, soprattutto negli individui giovani. Generalmente la prognosi è severa se la pericardite sopravviene nel corso di una pancardite.

PERICARDITE TUBERCOLARE

Abitualmente è secondaria a una tubercolosi polmonare, pleurica o mediastinica. In genere la sua evoluzione è cronica. Il versamento pericardico può raggiungere proporzioni considerevoli e talvolta è emorragico. La prognosi è molto riservata.

PORPORA

È una sindrome caratterizzata dalla comparsa spontanea di macchie cutanee rosse che non scompaiono alla pressione. I sintomi più evidenti sono costituiti da emorragie cutanee o delle mucose.
Emorragie cutanee: petecchie (macchioline rosse), vibici (macchie rosse serpentine), ecchimosi (macchie più grandi, di colore blu violetto).
Emorragie delle mucose: petecchie della bocca, emorragie nasali, viscerali, ematuria, spesso associate.
Le porpore si distinguono in due categorie principali: vascolari, cioè legate a compromissione dei vasi sanguigni; trombopeniche, ossia dovute a una diminuzione delle piastrine nel sangue. Le porpore vascolari possono essere di origine ereditaria o allergica; oppure insorgere a causa di malattie infettive o di degenerazione cutanea (porpora senile). Le porpore trombopeniche possono essere costituzionali oppure secondarie a malattie che si accompagnano a una infiltrazione del midollo osseo, a malattie infettive, all'azione di agenti chimici o fisici. Ecco alcune delle forme principali.

PORPORA ALLERGICA

È spesso associata a fenomeni allergici (eritema, orticaria, ecc.). Inizia con astenia, temperatura sub-febbrile, anoressia, disturbi digestivi. Poi appare una porpora cutanea petecchiale predominante alle gambe (che diventano anche sede di dolori articolari), vomito, diarrea, dolori addominali violenti, ematuria albuminuria, insufficienza renale transitoria. La prognosi è benigna: la crisi dura da 1 a 6 settimane, ma le ricadute sono frequenti, soprattutto se il malato abbandona precocemente il letto. La porpora allergica è scatenata da un agente batterico (soprattutto streptococco) o alimentare (latte, uova, maiale, fragole, ecc.) È una malattia che colpisce soprattutto il bambino e il giovane.

PORPORA INFETTIVA ACUTA

Il più delle volte è una forma secondaria di malattie esantematiche (come scarlattina, varicella, morbillo) della tubercolosi, della difterite, della sifilide; oppure di setticemie da streptococco o da meningococco. La forma più grave (acutissima) è la cosiddetta porpora fulminante con setticemia meningecoccica che ha esito letale in 28 ore, ma è piuttosto rara.

PORPORA TROMBOPENICA COSTITUZIONALE

È una malattia emorragica dovuta a diminuzione numerica delle piastrine nel sangue periferico. Ha origine, sembra, nella milza la quale toglie dalla circolazione un numero di piastrine superiori al normale. La guarigione spontanea è frequente nelle forme acute, rara in quelle croniche. Una emorragia interna letale è sempre possibile. La malattia colpisce soprattutto i bambini e i giovani; è rarissima dopo i 40 anni.

PORPORE TROMBOPENICHE SECONDARIE

Sono malattie emorragiche caratterizzate da diminuzione numerica delle piastrine e causate da compromissioni del midollo osseo per infiltrazione (leucemie, metastasi cancerose midollari) oppure perché il midollo osseo è parzialmente o totalmente incapace di generare piastrine. In alcuni casi il midollo è normale, ma le piastrine vengono distrutte per un fenomeno allergico provocato dall'introduzione di taluni farmaci, o per un meccanismo osseo causato dall'assorbimento di certe sostanze chimiche. Anche agenti fisici (radiazioni ionizzanti), veleni animali e malattie infettive sono in causa. La prognosi è generalmente favorevole; riservatissima, invece, se è presente anche un'anemia causata da assenza di rigenerazione delle altre cellule sanguigne (anemia aplastica).

SETTICEMIA

È una sindrome determinata dall'invasione massiccia, nella circolazione sanguigna, di germi patogeni come stafilococchi, streptococchi, meningococchi, colibacilli. I sintomi sono caratterizzati da manifestazioni tossiche: febbre molto variabile con rialzi termici accompagnati da brividi, stato generale profondamente alterato, presenza di un focolaio infettivo a volte evidente a volte occulto (e che richiede accurate ricerche per essere individuato), forte aumento numerico dei globuli bianchi. La prognosi dipende dall'agente casuale.
Le setticemie provocate da stafilococchi resistenti agli antibiotici sono particolarmente gravi e difficili da curare.

STENOSI

Sono restringimenti patologici permanenti di valvole cardiache (mirtrale e tricuspide) oppure di vasi sanguigni, in particolare dell'aorta o dell'arteria polmonare. Le stenosi aortica, mitralica e tricuspidale fanno parte dei vizi valvolari; la loro causa più frequente è il reumatismo articolare acuto. La stenosi istmica riguarda pure l'aorta e spesso è accompagnata da aterosclerosi; la stenosi polmonare è un restringimento congenito dell'arteria polmonare.

STENOSI AORTICA

Sintomo e complicazione frequente è l'angina di petto; possono manifestarsi anche sincopi. In genere la malattia ha una evoluzione lenta verso una insufficienza cardiaca irreversibile e spesso letale a breve scadenza.

STENOSI ISTMICA

La più frequente è quella che colpisce l'adulto (4 volte più l'uomo che la donna) e consiste in un restringimento localizzato dell'aorta, appena sotto l'arteria succlavia sinistra. Sintomo principale è l'ipertensione degli arti inferiori e l'ipotensione di quelli superiori.

STENOSI MITRALICA

È un restringimento patologico della valvola mitrale il quale ostacola il passaggio del sangue dall'atrio sinistro verso il ventricolo sinistro del cuore. Sintomatologia: dispnea da sforzo (sintomo costante) spesso accompagnata da tosse ed emottisi; frequenti anche l'asma cardiaca, crisi lievi o gravi di edema polmonare acuto, palpitazioni e dolori dietro lo sterno, grande debolezza e affaticabilità. In una fase ulteriore si può manifestare l'insufficienza cardiaca destra. Ma talvolta questa è il primo sintomo della malattia, e la congestione polmonare non provoca alcun disturbo. Si ha un miglioramento della dispnea che però è accompagnato abitualmente da edemi prima di lieve entità, poi in aumento con epatomegalia e disturbi digestivi.
La stenosi mitralica può avere: complicazioni cardiache, se il processo infiammatorio reumatico si estende; complicazioni emboliche (il più delle volte a carico del polmone), infezioni acute dei bronchi e dei polmoni, edema polmonare acuto, arterite polmonare. La prognosi dipende in larga misura dal grado della stenosi: nelle forme lievi, il malato può condurre una vita quasi normale e raggiungere l'età avanzata. Ma le complicazioni rendono sempre incerta la prognosi. I tre quarti dei casi di stenosi mitralica si osservano in donne di età inferiore ai 45 anni; in esse, l'edema polmonare acuto sopraggiunge spesso durante il periodo premestruale o mestruale. In molti casi la gravidanza aggrava la malattia.

STENOSI POLMONARE

È un restringimento congenito dell'arteria polmonare. I sintomi sono in rapporto con il grado della stenosi: se questa è leggera, può essere asintomatica; in genere, solo quando la stenosi si complica con insufficienza cardiaca si manifestano cianosi, dispnea ed epatomegalia. Se non è associata con un'altra malformazione congenita, cioè una comunicazione interatriale o interventricolare (stenosi polmonare con shunt, che ha esito letale prima dell'età adulta) la stenosi polmonare è difficilmente differenziabile dalla dilatazione spontanea dell'arteria polmonare. Complicazioni abbastanza frequenti sono l'endocardite lenta e la tubercolosi polmonare. In forma lieve, permette una sopravvivenza prolungata. In genere il decesso avviene per insufficienza cardiaca destra o per anossia (insufficienza di ossigeno) cerebrale.

TACHICARDIA

La tachicardia, e precisamente quella detta parossistica è l'accelerazione parossistica della frequenza delle contrazioni cardiache, che inizia e termina bruscamente. Si distinguono forme sopraventricolari e forme ventricolari.

TACHICARDIA SOPRAVENTRICOLARE

È caratterizzata da contrazioni cardiache accelerate e a ritmo assolutamente regolare che raggiungono la frequenza di circa 160 al minuto e di rado oltrepassano i 200, mentre nei bambini si riscontrano frequenze di 250-300. L'attacco dura pochi minuti o più spesso alcune ore, di rado qualche giorno. L'intensità dei sintomi funzionali dipende dalla sensibilità individuale, dalle condizioni dell'apparato cardiocircolatorio, dalla frequenza del ritmo parossistico e dalla durata dell'attacco. Vi sono individui che non si accorgono della tachicardia, altri che l'avvertono ma sono in grado di continuare le loro occupazioni, altri che sono costretti a letto.
L'inizio della crisi è avvertito come uno scatto o un colpo, seguito da palpitazioni regolari che si attenuano a mano a mano che la crisi si prolunga.
La tachicardia può essere accompagnata da nausea, torpore, vertigini, lipotimia (perdita parziale della coscienza), dolori cardiaci, i quali, se sono lese le coronarie, possono essere anginosi.
La tachicardia sopraventricolare ha cause sconosciute. Si osserva in assenza di qualsiasi lesione cardio-vascolare o anche sovrapposta alle più varie cardiopatie, e in particolare ai vizi mitralici di origine reumatica o nell'ipertiroidismo. La prognosi immediata è favorevole. Anche la prognosi a distanza è favorevole, se non esistono lesioni cardiovascolari, perché gli attacchi tendono a sparire con l'età.

TACHICARDIA VENTRICOLARE

È caratterizzata da contrazioni cardiache accelerate e a ritmo apparentemente regolare che raggiungono la frequenza di 140-200 al minuto. A differenza dalla tachicardia sopraventricolare, l'inizio e la fine dell'attacco non vengono nettamente percepiti dal malato. La crisi provoca spesso un malessere molto forte con grave caduta della pressione arteriosa e di conseguenza vertigini, lipotimia, sincope cardiaca (con perdita improvvisa e totale della coscienza). Di regola, la tachicardia ventricolare si osserva in un cuore gravemente leso da un infarto o in stato di grave insufficienza.
La prognosi è spesso riservata. La morte può avvenire durante una crisi perché sopraggiunge la fibrillazione ventricolare (azione incoordinata dei ventricoli che ostacola la circolazione sanguigna e provoca l'arresto del cuore). Se il soccorso è rapido, a volte la fibrillazione ventricolare può essere arrestata, riportando i ventricoli al loro funzionamento normale, per mezzo di farmaci e in particolare di un apposito apparecchio elettrico detto defibrillatore cardiaco .
Il ciclo cardiaco

TROMBOFLEBITE

È una trombosi venosa, che interessa il più delle volte gli arti inferiori, associata con una flebite (infiammazione di una vena). L'una è causata dall'altra, o viceversa. Nel periodo iniziale, i sintomi generali sono malessere, accelerazione progressiva del polso, modica febbre; i sintomi locali, dolore spontaneo (dal semplice formicolio al crampo del polpaccio o del tallone) oppure provocato dalla flessione sul polpaccio, sul tallone, sulla pianta del piede. Infine il dolore si localizza (può essere continuo o parossistico) nella zona colpita che presenta anche un edema duro alla palpazione.
Fra le varie cause della tromboflebite si annoverano: stasi della circolazione venosa alle gambe per insufficienza cardiaca o per riposo assoluto a letto (malattie gravi, complicazione del puerperio o chirurgiche, paralisi) o per compressioni (gravidanza, aneurisma, tumore); malattie molto debilitanti; malattie delle vene (varici); traumi (fratture, lussazioni, sforzi muscolari violenti); malattie del sangue (policitemia, anemie gravi, leucemia); malattie infettive (febbre tifoide).
La guarigione è progressiva in un tempo variabile: il dolore scompare per primo e l'edema si riassorbe in media in 46 settimane. Le complicazioni più gravi sono l'embolia e l'infarto del polmone: spesso sono precoci e talvolta insorgono prima che siano evidenti i sintomi della flebite. L'embolia polmonare complica il 5-6% delle tromboflebiti provocando il 2-6,5% dei decessi e il 5-6% dei decessi post-operatori. Gli interventi chirurgici che comportano il rischio maggiore di tromboflebiti con embolia polmonare sono quelli addominali e dell'apparato genito-urinario.

TROMBOSI

È l'occlusione di un vaso sanguigno - già gradualmente alterato per infiammazione, arteriosclerosi, ecc. - da parte di un trombo, cioè di un corpo estraneo (più spesso coagulo di sangue, oppure accumulo di germi, frammento di tumore ecc.). Il quadro clinico della trombosi è diverso da quello dell'embolia: nella prima, la malattia si instaura progressivamente; nella seconda, insorge all'improvviso. Tra le forme più gravi di trombosi vi sono la cerebrale e la coronaria.

TROMBOSI CEREBRALE

È l'occlusione di un'arteria cerebrale, già gradualmente alterata (l'arteriosclerosi è la causa più frequente) da parte di un trombo. La trombosi (come l'embolia) provoca la formazione di un infarto nell'area cerebrale circostante. I sintomi fanno parte del quadro clinico dell'ictus, cioè sono simili a quelli dell'embolia cerebrale, ma meno bruschi e a volte nettamente progressivi con segni premonitori (cefalea, vertigini, difetti di memoria, irritabilità, formicolii, diminuzione di forza dal lato del corpo che sarà poi paralizzato) e le paralisi si producono lentamente e variano da un giorno all'altro. Il coma può mancare e il malato assistere senza perdita di coscienza allo stabilirsi dell'emiplegia (paralisi del lato destro o sinistro del corpo).
La prognosi è migliore che nell'embolia e nell'emorragia cerebrali, benché le paralisi persistano abbastanza spesso. La trombosi cerebrale (80% degli ictus) colpisce più spesso gli individui che hanno superato i 50 anni.

TROMBOSI CORONARICA

È l'occlusione di una arteria coronarica, già alterata gradualmente da lesioni ateromatose (sclerosi coronaria). La trombosi coronaria si produce nel seguente modo: su una placca ateromatosa si forma una trombosi; poi nella placca ateromatosa avviene una emorragia capillare con formazione di un ematoma (raccolta di sangue) che ostruisce la arteria già ristretta. La trombosi coronarica è la causa più frequente dell'infarto del miocardio. Le trombosi lente favoriscono lo sviluppo di una circolazione sanguigna collaterale e non si accompagnano sempre a infarto.

ULCERA VARICOSA

È una ulcerazione della gamba, causata generalmente da una insufficienza venosa cronica, secondaria a una tromboflebite o a varici. La stazione eretta prolungata, abituale di alcune professioni, può essere la causa di un'ulcera alla gamba anche in assenza di lesioni venose. L'ulcera varicosa ha forma ovale, di profondità variabile; se piccola, spesso è molto dolorosa; se è grande e diventa infetta, può essere del tutto indolore. Sovente ha sede nella parte inferiore della gamba, sulla faccia interna, in vicinanza del malleolo. La prognosi è generalmente favorevole. L'ulcera varicosa colpisce soprattutto la donna dopo i 30-40 anni.

VARICI

Sono dilatazioni irregolari delle vene, precisamente della safena interna e delle altre vene superficiali della gamba.
I loro sintomi sono costituiti da sensazione di fatica e di pesantezza alla gamba, edemi, rigonfiamenti varicosi superficiali in corrispondenza dei quali si osservano anche alterazioni cutanee. Le varici possono essere causate principalmente da malformazione congenita del sistema valvolare venoso; da stazione eretta prolungata, abituale di alcune professioni; da gravidanza, a causa della compressione esercitata dall'utero sui tronchi venosi del bacino. Complicazioni delle varici sono l'ulcera varicosa, la flebite e talvolta la tromboflebite. La prognosi è generalmente benigna. Le emorroidi sono dilatazioni varicose delle vene dell'ano e del retto.

VIZI VALVOLARI

Sono alterazioni patologiche delle valvole cardiache e aortiche. Se le valvole sono saldate fra loro, si ha la stenosi mitralica, o aortica o tricuspidale.
Se le valvole si chiudono incompletamente, si ha l'insufficienza mitralica o aortica o tricuspidale.
Spesso stenosi e insufficienza sono associate. Possono essere colpite una o più valvole. La mitrale è quella lesa più spesso. Il reumatismo articolare è la causa più frequente dei vizi valvolari. Altre cause sono la scarlattina, l'endocardite lenta, la sifilide (per i vizi aortici), le malformazioni congenite.
(Vedi le voci Insufficienza e Stenosi).
La pressione arteriosa può essere misurata mediante un apparecchio: lo figmomanometro di Riva-Rocci, basato sul principio di misurare la contropressione necessaria per impedire la progressione del sangue nell'arteria omerale, cioè del braccio. Lo sfigmomanometro è costituito da un manicotto di gomma che si applica intorno al braccio e che comunica con un manometro a mercurio.
Insufflando aria entro il manicotto, questo si gonfia comprimendo tutti i vasi dell'arto - e in particolare l'arteria omerale - mentre si innalza il mercurio nel tubo manometrico. Se si insuffla l'aria in modo lento e progressivo, sì che la colonna di mercurio salga uniformemente, giunge un momento in cui non si sente più il polso. L'altezza della colonna di mercurio in questo momento equivale alla pressione massima.
Oltre alla pressione massima, o sistolica (corrispondente all'acme della sistole del cuore), si misura anche la pressione minima, o diastolica (corrispondente alla fase di riposo del cuore, o diastole). Il valore della pressione diastolica rappresenta l'elemento costante della pressione; la differenza fra la pressione diastolica e quella sistolica rappresenta l'elemento variabile della pressione.
I valori normali della pressione arteriosa, secondo lo Spadolini, sono i seguenti: la pressione sistolica è compresa fra 75 e 90 g mm (millimetri di mercurio) durante i primi anni di vita; fra 90 e 110 nella fanciullezza; fra 100 e 120 verso i 15 anni. La pressione diastolica è di circa 50-60.
Nell'adulto la pressione sistolica normalmente oscilla intorno a 130 con deviazioni di 15 in più o in meno. Pertanto valori di 115 e 145 possono essere considerati nei limiti del normale.
È indubbio che con l'età, nella maggioranza dei casi, aumenta la pressione, cosicché l'ipertensione è da considerare come normale nei vecchi.
Anzi, c'è una regola che considera normale una pressione uguale a 100 più il numero degli anni di vita, cosicché a 20 anni la pressione dovrebbe essere 120, e a 50 anni 150. Questo però è grossolano empirismo.
Una delle più recenti tabelle della pressione arteriosa normale è la seguente:



 +---------------------------------------------+
 ¦                 ¦          UOMINI           ¦
 ¦  ETÀ  IN ANNI   +---------------------------¦
 ¦                 ¦  SISTOLICA  ¦  DIASTOLICA ¦
 +-----------------+-------------+-------------¦
 ¦                 ¦             ¦             ¦
 ¦      1-5        ¦    75-90    ¦    50-60    ¦
 ¦      7-8        ¦    85-95    ¦    50-65    ¦
 ¦     10-12       ¦    95-105   ¦    50-70    ¦
 ¦     14-15       ¦    97-120   ¦    60-72    ¦
 ¦     17-18       ¦   106-122   ¦    60-75    ¦
 ¦     20-24       ¦   108-132   ¦    65-77    ¦
 ¦     25-29       ¦   110-132   ¦    65-80    ¦
 ¦     30-34       ¦   110-132   ¦    65-80    ¦
 ¦     35-39       ¦   110-132   ¦    65-80    ¦
 ¦     40-44       ¦   110-140   ¦    65-85    ¦
 ¦     45-49       ¦   110-140   ¦    65-90    ¦
 ¦     50-59       ¦   115-142   ¦    65-90    ¦
 ¦     60-69       ¦   115-145   ¦    65-90    ¦
 ¦     70-79       ¦   120-160   ¦    65-90    ¦
 ¦     80          ¦   120-155   ¦    65-90    ¦
 +---------------------------------------------+
 +---------------------------------------------+
 ¦                 ¦           DONNE           ¦
 ¦  ETÀ IN ANNI   +---------------------------¦
 ¦                 ¦  SISTOLICA  ¦  DIASTOLICA ¦
 +-----------------+-------------+-------------¦
 ¦                 ¦             ¦             ¦
 ¦      1-5        ¦    75-90    ¦    50-60    ¦
 ¦      7-8        ¦    85-95    ¦    50-65    ¦
 ¦     10-12       ¦    95-105   ¦    50-70    ¦
 ¦     14-15       ¦    95-115   ¦    57-72    ¦
 ¦     17-18       ¦    93-110   ¦    57-73    ¦
 ¦     20-24       ¦   100-120   ¦    55-70    ¦
 ¦     25-29       ¦   100-120   ¦    55-75    ¦
 ¦     30-34       ¦   100-120   ¦    60-75    ¦
 ¦     35-39       ¦   105-125   ¦    60-80    ¦
 ¦     40-44       ¦   110-130   ¦    60-80    ¦
 ¦     45-49       ¦   110-140   ¦    65-85    ¦
 ¦     50-59       ¦   110-145   ¦    65-90    ¦
 ¦     60-69       ¦   115-155   ¦    70-90    ¦
 ¦     70-79       ¦   115-165   ¦    70-90    ¦
 ¦     80          ¦   115-160   ¦    70-90    ¦
 +---------------------------------------------+